L’aeroporto dello scandalo che fa vergognare i tedeschi

L’aeroporto dello scandalo che fa vergognare i tedeschi
di Flaminia Bussotti
4 Minuti di Lettura
Domenica 19 Febbraio 2017, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 14:55
BERLINO Per raccontarne le gesta, ci vorrebbe Omero: come la tela di Penelope il Brandeburgo Willy Brandt, nuovo aeroporto di Berlino, è un’opera in perpetuo divenire la cui fine è scritta nelle stelle. Da oltre dieci anni, quando il megagalattico progetto del nuovo scalo della capitale prese le mosse coi primi colpi di pala nel cantiere di Schönefeld e, soprattutto, negli annunci trionfalistici dei politici regionali, si sussegue il valzer di scandali, rinvii, dimissioni e sperpero di fondi pubblici. Dopo la prima, attesa, inaugurazione a ottobre 2011, i rinvii si sono moltiplicati: quattro in tutto finora incluso un falso allarme nel giugno 2012.
 
In quella circostanza sembrava tutto pronto per il trasloco: con precisione tedesca nel vecchio aeroporto di Tegel era stata fatta anche una prova generale per prepararsi al trasferimento, e poi niente. Le autorità di controllo constatarono, a sole tre settimane dalla annunciata apertura, che i sistemi antincendio non funzionavano: carenza non da poco per un aeroporto. Figuraccia planetaria della efficientissima Germania proprio nel cuore dell’orgoglio nazionale: macchine, meccanica, ingegneria. Sono seguiti altri rinvii per ragioni tecniche: ritardi nell’avanzamento lavori, carenze nella sicurezza o, come ora, porte automatiche difettose e cilecca dell’impianto antincendio a pioggia. 

GLI SFOTTÒ
Per la stampa e i sarcastici berlinesi è cominciata la gara a coniare gli sfottò più fantasiosi per il flop dell’aeroporto. Anche nei discorsi pubblici, quando un oratore, anche un politico, vuole accattivarsi la platea a strappare una risata, usa il nuovo aeroporto come metafora retorica. L’ultima data per l’inaugurazione era fissata per lo scorso gennaio, ma neanche a parlarne. A rendere necessario anche questa volta l’ennesimo rinvio sono stati i meccanismi elettronici di chiusura delle porte automatiche, oltre 1.100 in tutto: impensabile correre ai ripari entro l’anno. Tutto da rifare, o quanto meno aggiustare, modificare. Di nuova data non se ne parla: nessuno più a Berlino, e tanto meno il sindaco-governatore, Michael Müller (Spd), che è anche capo del board dell’aeroporto, si azzarda a ipotizzare date.
Sottovoce qualcuno mormora che ci vorranno parecchi mesi. Addio quindi inaugurazione nel 2017: se tutto va bene sarà nel 2018. «Una catena di guai», ha riassunto Müller quando giorni fa ha dovuto annunciare il nuovo ritardo. Altri prima di lui hanno dovuto dimettersi: 4 top manager e anche il suo predecessore, il popolare sindaco gay di Berlino, Klaus Wowereit, anche lui socialdemocratico, al quale lo scandalo dell’aeroporto, dopo 13 anni nell’incarico, gli è costato la poltrona.

I COSTI LIEVITATI
I rinvii marciano di pari passo con i costi, denaro pubblico, del contribuente, come non manca di sottolineare la stampa. Dai circa 2 miliardi di euro stanziati quando, il 5 settembre 2006, fu aperto il cantiere, si è arrivati ad almeno 6,5 oggi. Cifra aperta verso l’alto dato che non si sa quando l’ aeroporto entrerà in funzione. La chiusura dello scalo comporta 17 milioni di euro al mese solo di spese di funzionamento, più fra i 13 e i 14 milioni per le mancate entrate degli affitti di negozi ed esercizi. A questi si aggiungono i costi alle ditte per i lavori aggiuntivi o di riparazione necessari per la messa in funzione. In corso d’opera, o per accertamento via via di carenze, vengono apportate modifiche che fanno naturalmente lievitare ulteriormente i costi preventivati. I giornali denunciano apertamente casi di corruzione o di speculazione da parte delle aziende ingaggiate, che sanno di poter alzare la posta perché nessuno si azzarderebbe a licenziarle perché ingaggiarne di nuove allungherebbe ancora di più i tempi e i costi calcolando un periodo necessario di rodaggio e conoscenza del cantiere. 

«ANNI BUTTATI AL VENTO»
Solo per mettere dei nuovi cavi, in sostituzione di altri che non andavano, ci vorranno 45 milioni di euro, più del doppio di quanto previsto in origine. Management, ditte e politici si rimpallano le responsabilità: «gli anni dal 2012 al 2014 sono stati anni buttati al vento», si è difeso il nuovo amministratore delegato dell’aeroporto, Karsten Mühlenfeld. Le società coinvolte sono il fior fiore del made in Germany, le migliori griffe dell’industria tedesca: Bosch, Siemens, T-Systems Caverion per citarne solo alcune: il disastro del nuovo aeroporto getta un’ombra anche sul buon nome del sistema Germania e sul mito della perfezione tedesca. Finora, dato che viene classificato come uno scandalo “provinciale”, la politica federale è riuscita a passarne più o meno indenne. E i berlinesi hanno sfogato la rabbia sbizzarrendosi in ogni genere di sfottò anche perché in cuor loro sono tutti contenti che il vecchio aeroporto di Tegel sia ancora aperto perché più centrale, più simpatico, e sicuramente senza macchia di scandali al suo attivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA