Il ministro Lorenzin: «Referendum del Nord? Su sanità e scuola la competenza deve rimanere allo Stato»

Il ministro Lorenzin: «Referendum del Nord? Su sanità e scuola la competenza deve rimanere allo Stato»
di Marco Ventura
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Domenica 29 Ottobre 2017, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 30 Ottobre, 07:56
«Nella sanità il Veneto ha già un’autonomia quasi totale, come tutte le Regioni. Gli oncologi appena riuniti in Congresso si sono lamentati come sempre che vi siano piani terapeutici e di prevenzione sfasati, diversi da regione a regione, addirittura da Asl a Asl. Nessuno vuole togliere l’autonomia amministrativa o gestionale alle Regioni, ma le linee guida della Sanità e i protocolli di terapia devono essere uguali per tutta l’Italia». Altolà dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, al governatore del Veneto, Luca Zaia. «Anche su istruzione e sicurezza alimentare, la competenza deve restare nazionale».

Perché, ministro?
«Dare competenze in più alle Regioni virtuose è giusto, ma quali e come? La sicurezza alimentare, per esempio, è cruciale per l’export agroalimentare, uno dei settori più vitali della nostra economia, specie nella Pianura Padana. La qualità dei nostri prodotti è riconosciuta a livello mondiale come frutto di una ‘filiera Italia’, un brand che significa controlli stringenti e monitoraggio costante dei prodotti». 

E l’istruzione?
«C’è chi vorrebbe un albo regionale degli insegnanti. Io voglio che i miei figli abbiano l’insegnante migliore, non che sia della mia regione. La ricerca è globale. Chi vuole l’insegnante locale magari è lo stesso che manda i figli alle scuole internazionali. Qualcosa ci insegna la Catalogna, che col referendum ha perso la chance di dare a Barcellona la nuova sede dell’Ema, l’Agenzia europea del Farmaco».

Che cosa le dice il ministro della Sanità spagnolo?
«Dolors Monserrat è è catalana e fa parte del governo Rajoy. Mi ha raccontato del suo quartiere squassato dall’odio tra fratelli. Tutto è partito da certi professori di storia nelle scuole…”». 

Si può negoziare con Veneto e Lombardia?
«Non sullo Statuto speciale di Zaia, che è una secessione furba pagata dagli italiani. Per avere più voti, Zaia sta spingendo sul lato dell’odio e dell’irrazionalità. Se il Veneto facesse quello che vuole fare, a perderci sarebbe il Veneto. La questione settentrionale esiste e va affrontata. C’è stata in questi anni di crisi una proletarizzazione del ceto medio di operai, piccoli imprenditori e artigiani che sul modello veneto avevano costruito un ascensore sociale di benessere e prosperità».

Davvero la Lega intercetta un disagio reale?
«Sì, ma ha risposto al grido d’aiuto con una cavalcata anti-Stato e anti-sistema in salsa locale, disastrosa non solo per l’unità d’Italia ma per il futuro del Veneto. Paradossalmente occorre più Stato, ripensarne con serietà le funzioni e il titolo V della Costituzione. Servono una risposta che sburocratizzi e favorisca agilità nelle decisioni centrali e locali, e investimenti del sistema Italia come l’Expo a Milano. In Veneto lo Stato ha investito, a Venezia e con l’Eni, ma è mancata una comprensione profonda degli eventi. E hanno attecchito movimenti strani e pericolosi come i No Vax. Senatori lombardi e veneti avevano chiesto di sperimentare il metodo Stamina, che si sapeva non funzionare».

Non farete passi indietro?
«Su centralizzazione dei controlli, centrali uniche d’acquisto e LEA no, qui è in gioco la vita delle persone. Unità nazionale significa garantire, oltre a certi standard, l’accesso alle terapie da Milano a Messina. Da sedici anni cerchiamo di rimediare a errori e buchi creati dalla riforma superficiale e raffazzonata del Titolo V nel 2001, che ha portato nella Sanità a splafonamenti e commissariamenti».

E se la Lega tornerà al governo?
«Di quale Lega parla? Di Maroni, di Zaia o di Salvini? Se gli italiani conoscessero bene le richieste del presidente del Veneto, qualche dubbio lo avrebbero. Abbiamo impiegato anni per uscire dalla crisi. Adesso bisogna ripartire uniti, ricucire tanti strappi nella società. La Lega non ricuce. La Lega è contro, punto».

Anche il governo è diviso, su Visco a Bankitalia.
«Va fatta una distinzione. Il Parlamento esprime liberamente le proprie idee. Premier e governo assumono decisioni nell’interesse nazionale, in questo caso in autonomia, attenti a istituti come la Banca d’Italia».

Il ministro Calenda ha lanciato un tavolo per Roma.
«A quel tavolo porterò due progetti: la mia idea di un grande raccordo della conoscenza come network di IRCCS, gli ospedali d’eccellenza con finalità di ricerca, e altri istituti non solo biomedici ma aerospaziali, per attrarre investimenti e potenziare il secondo distretto industriale d’Italia per la ricerca e l’innovazione tecnologica a Pomezia e Latina. E un secondo progetto: lo sviluppo del litorale, abbandonato negli ultimi decenni, anche dal Sindaco Virginia Raggi, insieme all’idea di città metropolitana. Il tutto con un occhio al turismo e all’asse produttivo di Roma tra mare e montagna».

Proprio domenica prossima si vota a Ostia, oltre che in Sicilia.
«Sì. Sostengo la lista civica di Andrea Bozzi che in nome del Comune metropolitano e del litorale ha aggregato persone di grande qualità professionale. Quanto alla campagna attualmente in corso in Sicilia, credo che i moderati non possano accontentarsi degli appelli al voto utile, ma debbano unirsi attorno a idee e contenuti concreti».
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