La lunga crisi, dalla lettera Bce fino alla caduta di Berlusconi

La lunga crisi, dalla lettera Bce fino alla caduta di Berlusconi
di Carlotta Scozzari
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Sabato 7 Maggio 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 11:15
Per misurare la temperatura dell’estate 2011, una delle più calde della nostra storia politica, bisogna usare il termometro dello spread. È a luglio di quell’anno che il differenziale di rendimenti tra titoli di Stato italiani e tedeschi si impenna oltre i 300 punti (nel 2011 sarebbe salito da 170 a 530 con un picco di 574 a novembre). 

Il fatto è che proprio alla fine di luglio si viene a sapere qualcosa che fin da subito solleva un vespaio di polemiche: la tedesca Deutsche Bank ha ridotto l’esposizione verso le obbligazioni italiane dell’88% liberandosi di qualcosa come 7 miliardi di euro di Btp e simili. E vendere una tale mole di titoli equivale ad abbassarne il prezzo e ad alzarne il rendimento, facendo appunto lievitare lo spread a svantaggio dell’Italia. «È la dimostrazione - commenta a caldo l’ex premier nonché ex presidente della Commissione europea Romano Prodi - di una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche per la Germania. Significa la fine di ogni legame di solidarietà e significa obbligare tutti a giocare in difesa. E quando questo viene dalla Germania, un Paese che ha avuto più saggezza nel capire gli altri fino a qualche anno fa. Sono assolutamente turbato». 

 

LA GUIDA POLITICA
A guidare il paese, in quel momento, c’è un Silvio Berlusconi che appare più che mai in difficoltà per lo scandalo del cosiddetto Rubygate e per la batosta elettorale delle amministrative di maggio. Lo strappo con la Lega allora capitanata da Umberto Bossi non fa che complicare la situazione per Berlusconi e il suo ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. 

Insomma, la guida del paese è fragile, lo spread comincia a salire in modo preoccupante e la Bce, per temponare la situazione, si mette a comprare obbligazioni dell’Italia e della Spagna (altro paese della cosiddetta periferia europea in difficoltà). «Fu in quel momento - scrive Alan Friedman nel libro “My Way” in cui raccoglie la testimonianza diretta dell’ex premier del centrodestra - che la Banca centrale europea cominciò a usare il suo potere di acquistare titoli come un’arma puntata contro il governo Berlusconi».

Ed è proprio la Bce che il 5 agosto spara un colpo senza precedenti nella storia della Repubblica: il presidente Jean Claude Trichet e Mario Draghi, destinato a sostituirlo di lì a poco, firmano una lettera durissima in cui si chiede al governo di adottare «con urgenza» misure per «rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità del bilancio e alle riforme strutturali».

Due giorni prima, invece, la versione tedesca del Financial Times lancia ufficialmente Mario Monti nell’agone politico: «Ha tutte le qualità che mancano a Berlusconi». Per il premier del centrodestra è l’inizio della fine. La situazione si fa di nuovo incandescente a settembre, col differenziale con la Germania che torna a salire anche perché nel frattempo Standard & Poor’s ha tagliato il rating dell’Italia. La tensione con Germania e Francia si fa palpabile nell’ormai famigerato siparietto di Bruxelles del 23 ottobre, in cui i rispettivi premier Angela Merkel e Nicolas Sarkozy si rivolgono un sorrisetto complice quando viene loro chiesto se Berlusconi li ha rassicurati sui provvedimenti contro la crisi del governo italiano.

A novembre l’ormai temutissimo spread si avvicina pericolosamente a quota 580 punti. L’ex premier spagnolo Luis Zapatero racconterà di una cena, risalente al 3 di quel mese, in cui Merkel chiede a Berlusconi di fare un passo indietro ricevendo come risposta un secco «no». Ma nel giro di poco il premier del centrodestra perde la maggioranza. È il 12 novembre quando Berlusconi sale al Colle dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e annuncia le sue dimissioni. Il 16 novembre Monti riceve l’incarico di mettere in piedi un nuovo governo tecnico. Il resto è storia nota.



 
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