L’arte, i locali notturni e tanti amici: la vita da luna park dell’americana

L’arte, i locali notturni e tanti amici: la vita da luna park dell’americana
di Nino Cirillo
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Venerdì 15 Gennaio 2016, 00:26
dal nostro inviato

FIRENZE - Eccola, Ashley, sembra venirci incontro, «con i suoi lunghi cappotti e i cappelli di marca, non si sapeva mai cosa avrebbe indossato...». È Jade che racconta, Jade Moss, la sua migliore amica, quella che fino all’ultimo tentò di strapparla alle mani dell’assassino: «Non andarci, è una brutta persona...». È Jade che ricorda: ci fu un’estate, l’ultima della sua vita, che tutte e due provarono a stupire l’Oltrarno con certi cappelli, Ashley lilla, solo ed esclusivamente lilla, e «io rosa». Eppoi lo skateboard e gli occhiali da sole, e la cagnolina Scout.

 

Tre anni fa è arrivata, Ashley Olsen, 35 anni, appassionata d’arte di Saint Augustine, Florida. Ma fino a quando non l’hanno uccisa, per lei è stato come esserci nata, come se Santo Spirito, le sue basiliche, i suoi misteri, si fossero messi d’accordo per renderle la vita un incredibile, dorato luna park. Ashley ci ha messo del suo per farsi voler bene, anche dall’ultimo fruttivendolo della piazza, perché «aveva un senso dell’umorismo e la sua gioia era contagiosa», perché «da vicino colpiva il suo sorriso caldo e vivace... chi entrava in contatto con lei ne veniva trasformato».

Jade non trova pace in queste ore, la lettera che ha affidato al sito The Florentine, per gli americani di Firenze, dice quello che può dire: «Vivere qui non sara più la stessa cosa». Come non trova pace Federico, il fidanzato, l’artista affermato che quella mattina la trascinò giù dal soppalco credendola ancora viva. I negozianti del borgo - che non è San Frediano ma confina con San Frediano, e quindi non è Pratolini ma il maresciallo Guarnaccia dei romanzi di Magdalen Nabb - li ricordano insieme la mattina fra i banchi, lui che a poco a poco le fece conoscere i posti giusti, che le disegnò una specie di dolcissimo rituale quotidiano. E Ashley aveva imparato bene.

LA COLAZIONE
La colazione, ad esempio, al Volume, proprio in piazza, muffin al cioccolato e centrifuga di mela, poi un caffé lungo al Mama’s Bakery e la lettura dei giornali. E a pranzo quasi sempre al Chiccho di caffè, in via delle Caldaie, che tutti continuano a chiamare «la signora Lola», come si usa nei paesi. Quando c’era da far scorrazzare Scout, poi, la cagnolina beagle, lunghi pomeriggi alla Scuderie di Porta romana. Aperitivo rigorosamente al Cabiria, magari dopo una lezione di yoga e prima che le danze iniziassero. «Event manager» c’è scritto sul suo biglietto da visita e sicuramente lo era, ma una vita così deve esserle sembrata anche un’unica, coloratissima vacanza. Uno po’ come a tutti gli americani che sbarcano qui, fra botteghe, atelier e trattorie, come Montmartre, meglio di Montmartre. Con i prezzi delle case alle stelle, ma la vita che scorre placida e luminosa, proprio come dovrebbe.

Certi giorni Ashely rimaneva anche a casa, a guardare Netflix e a mangiare take away, ma a una certa ora a quella puntatina non rinunciava mai, Montecarla, via de’ Bardi, oltre Ponte vecchio, un po’ night club, un po’ locale di tendenza. Dove il suo assassino l’ha agganciata alle prime ore di venerdì 8 gennaio, dove la conoscevano proprio tutti, dove ancora non sanno farsene una ragione.

E che funerali saranno. Alle tre del pomeriggio, nella Basilica di Santo Spirito realizzata da Brunelleschi, perché il priore, padre Antonio, ha dato il permesso. Ci saranno i Bianchi, la squadra di calcio in costume di cui Ashley era tifosa. Marco Baldesi, il presidente, porterà in chiesa la bandiera: «Era una di noi». Ci saranno il padre Walter - lei a Firenze ci capitò proprio per raggiungerlo - e la madre Corinne appena arrivata dall’America. La seppelliranno al cimitero di Soffiano, ma la sua amica Jade ci conta ancora: «È sempre stata pronta a confortarmi, con un abbraccio e una tazza di tè».
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