«Io e Luca, Totò e Peppino», ecco Angelo Russo, l’agente Catarella ne “Il commissario Montalbano”

«Io e Luca, Totò e Peppino», ecco Angelo Russo, l’agente Catarella ne “Il commissario Montalbano”
di Valentina Venturi
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Lunedì 21 Marzo 2016, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 16:02
Siamo tutti Catarella. Pasticcioni, sgrammaticati, goffi ma buoni, sinceri e con un tocco di genialità. Forse il segreto del successo incredibile del personaggio uscito dalla penna di Camilleri, sta nel coniugare la commedia all'italiana con una forte dose di umanità. Ormai si guarda Il Commissario Montalbano (questa sera va in onda la replica Una voce di notte, film del 2013), non solo per partecipare alle indagini ma anche per ritrovare i siparietti dell'agente Catarella, il suo sbattere le porte, il linguaggio, una sorta di grammelot in salsa sicula, le sue smorfie, i cognomi sbagliati e le sue telefonate che annunciano l'ammazzatina di turno. Dal 1999 ad interpretare Catarella c'è Angelo Russo.

Si è ispirato a qualcuno in particolare?
«A Franco Franchi. L'ho sempre amato come attore, ma non potendone usare la voce, ho preso la mimica. Davanti alla telecamera è come se mi sdoppiassi, mi sento in trance e pensare a Franco mi aiuta. C'è poi la vocale aspirata che ho rubato a Nino Terzo, caratterista palermitano delle commedie italiane anni Sessanta».

Che effetto le fa essere la variabile comica del Commissario Montalbano?
«È una bella soddisfazione aver reso umano un personaggio che già esisteva. È bello farsi amare dalla gente. Lo stesso Andrea Camilleri per primo me lo ha detto: "Giuseppe Catarella sei tu! Ormai quando scrivo, lo immagino con le tue sembianze”. Quando si pensa a Catarella si visualizza il mio volto, non potrebbe essere nessun altro». 
 
La sua interpretazione è piaciuta subito?
«Nossignore. A casa per due mesi ci ho lavorato, inventandolo con l'aiuto di mia moglie, ma poi ho scoperto che la parte era stata assegnata. Mi sono arrabbiato e ho pensato: "Non ci vado mica al provino, a fare u pupu!". Poi mia figlia Leandra mi ha convinto ad andare comunque, non avevo niente da perdere. E così ho fatto».

Una delle caratteristiche del suo personaggio è la sbadataggine: inciampa, storpia i nomi e spesso sbatte le porte. Un'idea studiata a tavolino?
«L'ho fatto involontariamente il giorno del provino ed è piaciuto. Ero agitato, le mani mi sudavano così tanto che la porta mi è scivolata involontariamente, sbattendo rumorosamente. A quel punto Luca (Zingaretti, ndr.) mi ha rassicurato spingendomi a recitare a braccio. Ho inventato tutto, nemmeno il copione sapevo. Mi sono messo a dire sciocchezze del tipo: "Se lo sapessi me lo dissi... Con vossia di pirsona pirsonalmente... Urgentissima assai". Tutti ridevano, il produttore Carlo Degli Esposti, Luca Zingaretti e il regista Alberto Sironi. Io però me ne sono andato».

Ma l'hanno richiamata...
«Il provino si faceva a Marina di Ragusa, mentre io vivo a Ragusa. Tempo di salire in macchina e fare qualche metro che mi chiama Luca e urlando mi dice: "Torna qui Angelo, sono tutti impazziti per te e per la tua mimica". Ho fatto retromarcia e sono diventato Catarella».

Nella sua città, Ragusa, la trattano diversamente?
«Mi riconoscono ed è una grande soddisfazione. Ormai fermano anche mia moglie: per strada, al supermercato e persino mentre va in spiaggia la vedono e le dicono: "Signora Catarella, la saluto!"».

È dal 1999 che recita al fianco di Zingaretti. Che rapporto avete?
«Siamo come Totò e Peppino, abbiamo un feeling unico, fratelli siamo. Prima di girare ci bastano due minuti di prove, intrecciamo le battute e siamo pronti. Ci capiamo al primo sguardo e spesso ci inventiamo il dialogo nel corridoio senza nemmeno provarlo. E ogni volta Alberto (Sironi, ndr.) alla fine della scena ci dice: "Cornutacci, mi fate morire!». 

Sironi le dà delle indicazioni di massima?
«Mi consiglia e mi aiuta. Diciamo che Alberto per me è un fratello maggiore. Ha ammesso di aver fatto un errore all'inizio e sono convinto che se facessimo un film comico, vinceremmo l'Oscar!».
 
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