Adozioni gay, il racconto: «Nostra figlia non si sente diversa, ci chiama tutte e due mamma»

Adozioni gay, il racconto: «Nostra figlia non si sente diversa, ci chiama tutte e due mamma»
di Valeria Arnaldi
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Giovedì 23 Giugno 2016, 00:25
«È stata un’emozione forte, fortissima, difficile perfino da descrivere. D’altronde, l’attesa era stata davvero molto lunga e, in fondo, era iniziata perfino prima di avviare l’iter legale. La vittoria era nell’aria, ma finché non hai la conferma, hai paura che tutto possa cambiare. E ora finalmente è finita». È come la conclusione di una battaglia, fatta di dolore, frustrazione, paura, senso di esclusione e, più ancora, volontà di ribellione, che le due mamme della bambina di sette anni, divenuta finalmente figlia di entrambe, ieri, grazie a una sentenza della Cassazione, raccontano l’effetto - e i festeggiamenti - dopo la sentenza sull’adozione da parte della compagna della mamma biologica.

Adesso il primo desiderio è quello di «stare con la piccola e gli amici più cari, per tutelarla da eccessive attenzioni, poi verrà anche il momento di parlare e raccontare le tante prove superate». Così, le due mamme, per celebrare la seconda «nascita» della loro bambina, che oggi ha sette anni, hanno scelto di stare in silenzio e condividere l’emozione solo con pochi, pochissimi, a loro cari.
 
L’IMPERATIVO
«Prima di tutto, come sempre, l’imperativo è tutelare la bimba». A dare voce a quell’emozione è l’avvocato Maria Antonia Pili che le ha seguite passo passo e portate fino alla vittoria. «Non è stata una scelta improvvisata quella di mettere al mondo una vita - racconta - tutt’altro, la relazione durava già da oltre dieci anni. Il desiderio di completare la famiglia con una figlia era molto forte, così la scelta di andare in Spagna». La donna più giovane, poco più che quarantenne, è la madre biologica, la sua compagna, quasi cinquantenne, invece, è l’adottante. È stata proprio lei a cercare aiuto. «È accaduto tutto per caso - prosegue - eravamo a un convegno sulle famiglie omosessuali e la possibilità di adozione. Alla fine, mi ha raccontato la sua storia».

LA STORIA
Una storia di cui non ha voluto nascondere «il dolore, il senso di inquietudine, quel sentimento forte di chi è costretto a vivere nella clandestinità una scelta chiara e consapevole». Una scelta «provata» dai tanti attacchi che la coppia e perfino l’avvocato hanno dovuto subire in questo periodo, come fosse una colpa cercare di ottenere più diritti per la piccola. «La bambina è serena, lo è sempre stata. Non percepisce alcuna differenza rispetto agli altri coetanei, agli amichetti. Chiama entrambe mamma, le sente tutte e due come tali. Sono gli adulti, i pregiudizi, la legge a vedere la differenza, molte volte. La bambina sa di vivere in una famiglia normale in cui è molto amata ed ha la certezza di essere come tutti gli altri. Senza alcun sentimento di frustrazione. È contenta. Si vede al primo sguardo e lo hanno comprovato anche i colloqui fatti per la causa».

Così ora la sentenza le ha solo regalato la possibilità di «presentare» le sue due mamme senza paura pure agli altri, sui documenti, nelle carte ufficiali e via dicendo. E sicuramente le ha fatto la sorpresa di una festa che, dopo due anni e mezzo di iter in tribunale, e sette di vita, non può che essere appena iniziata.
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