Un ritratto inedito di Niccolò Machiavelli, recante iscritto il nome del personaggio e posto di profilo, mostra un volto eccitato e come esterrefatto, sorpreso da qualcosa al di fuori dello spazio del quadro.
La posa del personaggio è vivace, spontanea, fresca, all'opposto di una vera ufficialità ma certamente celebrativa.
La testa di profilo rappresentata in questo modo, deriva, sia pure alla lontana, dalla monetazione antica, e, nel Cinquecento, si usò nelle sequenze dei Ritratti degli Uomini illustri, sia in pittura sia in scultura.
Dunque il nostro ritratto di Machiavelli deve essere nato in un clima analogo nell'ambiente fiorentino del tempo dove l'idea dei Ritratti illustri fu indubbiamente accentuata dalla presa di potere da parte dei Medici, anche se, essendo stato Machiavelli il Segretario della Repubblica fiorentina, una committenza medicea per questo ritratto suonerebbe paradossale. Eppure può essere forse data una spiegazione convincente, ricordando come alcuni presupposti concettuali sulla base dei quali questo ritratto di Machiavelli di certo nacque, siano riscontrabili nel pensiero e nell'opera di un personaggio cruciale per la ritrattistica del tempo, Paolo Giovio, l'insigne umanista, principale ispiratore delle Vite dè più eccellenti architettti, pittori et scultori italiani, da Cimabue ai tempi nostri dell'aretino Giorgio Vasari (opera pubblicata in prima edizione nel 1550), artista e intellettuale insigne che più di ogni altro si mise al servizio dei Medici dopo l' annientamento della Repubblica fiorentina.
ICONOGRAFIA
Giovio stava raccogliendo un suo museo personale iconografico (fatto soprattutto di stampe e disegni), ricco di Ritratti dei grandi del passato, quando suggerì al Vasari, pittore e scrittore di qualità, di scrivere quel libro che fu la prima storia dell'arte italiana.
Nell'idea del Giovio, infatti, per far intendere la qualità e la rilevanza di un autore, è necessario che se ne possa delineare un ritratto esemplare da cui dedurre gli elementi essenziali del carattere, delle tendenze, delle capacità. E Vasari lo seguì su questa strada.
Tra questi c'era un giovanissimo spagnolo destinato a brillante carriera successiva tra Roma e Napoli, Pedro (o Francesco, come è chiamato in altre fonti) Rubiales, conosciuto in Italia con il nome di Roviale Spagnolo. Alla Cancelleria fece parecchie cose e poi, subito dopo, divenne artista autonomo e a Roma ha lasciato poche ma importantissime opere, prima fra tutte la pala della Crocifissione sull'altare maggiore nell'Oratorio del Gonfalone presso via Giulia. La mano che ha dipinto il nostro Ritratto di Machiavelli si direbbe la stessa, in una cronologia molto vicina. Vivace, arguto, veramente iberico nella conduzione schietta e veloce del dipingere, Roviale è da annoverare tra i bravi maestri manieristi del tempo. Il nostro Ritratto di Machiavelli dovrebbe porsi nel lasso di tempo che va dalla conclusione dei lavori alla Cancelleria all'anno successivo, quando cadde il ventennale della morte del Segretario della Repubblica fiorentina, scomparso nel 1527, l'anno del Sacco di Roma.
Claudio Strinati
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