Quel giovane cronista ucciso perché cercava la verità

Quel giovane cronista ucciso perché cercava la verità
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Domenica 23 Novembre 2014, 06:11
IL LIBRO
Giovanni Spampinato non era un abusivo, seppure il tesserino di pubblicista l'abbiano consegnato solo ai familiari, una volta morto ammazzato. Amava il mestiere, osservandone la regola fondamentale: scrivere una notizia, quando è tale, senza l'autocensura propria dei calcoli d'opportunità. «Assassinato perché cercava la verità», titolò L'Ora. Il fratello Alberto inizia da una vecchia fotografia a raccontare la storia dolorosa della famiglia, che ha cercato di sopravvivere alla tragedia. C'erano bei cani ma molto seri (Melampo, 276 pagine, 15 euro) è qualcosa di più della cronaca della fine, quasi annunciata, di un giovane cronista in una città di provincia, apparentemente ai confini dell'impero.
MEMORIALE
Il memoriale sviluppa tre tracce fondamentali. Innanzitutto ritroviamo il senso dell'avventura editoriale del quotidiano pomeridiano palermitano, animato da un gruppo di giornalisti non riconducibili a poteri particolari. «Giovanni restò incantato da quella redazione che viveva una stagione speciale. Il suo sogno fu di trasferirsi a Palermo per lavorare con quei matti che si divertivano a fare un giornale di denuncia duro come una roccia», ricorda Alberto. Un cammino solitario, cominciato nel 1969, da collaboratore di frontiera, isolato e privo di tutele economiche quanto di coperture redazionali.
Un cadavere eccellente scosse Ragusa, appena destatasi dall'illusione petrolifera. La divulgazione della notizia dei pesanti sospetti degli investigatori su Roberto Campria, figlio del presidente del Tribunale ragusano, nell'ambito delle indagini inerenti l'omicidio del costruttore Angelo Tumino, legato a missini di stretto raccordo con Junio Valerio Borghese, segnò lo spartiacque dell'esistenza di Spampinato. Firmò sull'Ora: «Le indagini a quattro mesi dal delitto sono al punto di partenza. Sembra impossibile che la macchina della giustizia, altre volte così efficiente, si sia inceppata in questo caso. Ad accrescere gli interrogativi è poi la delicata situazione in cui è venuto a trovarsi Roberto Campria, figlio di Salvatore, presidente del Tribunale e oggetto di una relazione della Commissione parlamentare antimafia, all'inizio interrogato per chiarire circostanze poco comprensibili», e che sono rimaste misteriose. Il 27 ottobre 1972 venne crivellato di colpi di pistola dallo stesso giovane Campria.
Gabriele Santoro