«Un duomo sottomarino è una struttura morfologica che corrisponde essenzialmente a un rigonfiamento sul fondo del mare. Quello scoperto nel golfo di Napoli è dovuto alla risalita di gas, prevalentemente anidride carbonica, una composizione non dissimile si ha nelle fumarole dei Campi Flegrei o del Vesuvio, ma con la differenza che qui si tratta di gas freddi, cioè non ad alta temperatura che risalgono attraverso condotti verticali da 50 a 100 metri». Lo dice al Mattino Guido Ventura, dell'Ingv di Roma, tra i coordinatori della ricerca pubblicata su Nature.
Da quanto tempo si trova in mare questa struttura?
«Sicuramente è più giovane di 12mila anni ed è tuttora attiva, nel senso che abbiamo misurato almeno 33 punti di emissione che hanno prodotto la struttura che si estende per circa 25 chilometri quadrati».
È pericolosa?
«No, assolutamente no, perché non è una struttura vulcanica primaria, cioè non c'è il coinvolgimento diretto di magma. La deformazione è dovuta semplicemente alla risalita di gas dal profondo».
Ce ne sono altre in Italia e nel mondo?
«Qualcuna in Giappone e nel mar Rosso, ma sono estremamente difficili da indvividuare e poco studiate. Di solito quelle che si trovano lungo le piattaforme continentali come nel golfo di Napoli sono dovute alla risalita di metano, invece in questo caso è anidride carbonica».
Com'è stata individuata?
«Attraverso una campagna volta proprio all'individuazione delle emissioni gassose nel golfo di Napoli coordinata da Iamc-Cnr, per la geologia marina, e dall'Ingv, per la parte vulcanologica».
Quanto tempo è durata la ricerca?
«Circa quindici giorni, nella fase di acquisizione dati. Poi è durata quasi un anno, nella fase di elaborazione, che ha coinvolto anche l'Università e l'istituto Cnr di Firenze e altre sedi di Ingv».
Andrete avanti con lo studio?
«Certamente, quello che vorremmo fare è vedere in profondità come evolve questa struttura. Una possibilità, ma al momento decisamente abbastanza remota, è che il rigonfiamento si trasformi in un vulcano marino».