Terremoto Taiwan e chip, il più grande produttore mondiale ferma la produzione: evacuato il personale

Stop per la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co (Tsmc)

Terremoto Taiwan e chip, il più grande produttore mondiale ferma la produzione: evacuato il personale
di Mario Landi
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Mercoledì 3 Aprile 2024, 11:17 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 09:07

A causa del terremoto, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co (Tsmc), il più grande produttore mondiale di chip avanzati, ha fermato i macchinari per la produzione di chip ed ha evacuato il personale. Lo riferisce Bloomberg. Il principale produttore di chip a contratto con Apple e Nvidia, ha spostato il personale da alcune aree e ha affermato che sta valutando l'impatto del sisma di magnitudo 7,4 al largo della costa orientale di Taiwan.

Niente chip, la situazione

 

Anche la più piccola rivale locale, la United Microelectronics, ha fermato i macchinari in alcuni stabilimenti evacuando alcune strutture nei suoi hub di Hsinchu e Tainan, si legge in una nota.

 

LA GUERRA DEI CHIP

La guerra dei chip, necessari a ogni tipo di industria ancora più del petrolio, si combatte su più fronti è già oggi il titolo Intel è salito del 3,4% nel premercato dopo che la Casa Bianca ha comunicato che la società tech riceverà fino a 8,5 miliardi di dollari in fondi diretti grazie al Chips Act, la legge voluta dall'amministrazione Biden per rafforzare la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti.

Intel, inoltre, potrebbe ricevere fino a 11 miliardi di dollari in prestiti, secondo l'accordo preliminare con il dipartimento del Commercio. Oggi, il presidente Joe Biden andrà nella fabbrica di Intel che si trova a Chandler, in Arizona, per annunciare lo stanziamento dei fondi, che serviranno anche a costruire nuovi stabilimenti nello Stato e anche in Ohio, New Mexico e Oregon. L'Arizona è uno dei cosiddetti 'swing States', cioè gli Stati in bilico in cui si decideranno le prossime elezioni presidenziali. Intel si è già impegnata a investire 100 miliardi di dollari nella produzione di chip nei prossimi cinque anni. I fondi serviranno anche a creare fino a 30.000 posti di lavoro.

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LA CINA

La Cina resta al centro della delicata questione dei chip. La quota statunitense nella produzione globale di semiconduttori è scesa dal 37% nel 1990 al 12% nel 2019 e si prevede che diminuirà ulteriormente in assenza di una strategia globale a sostegno del settore. Anche l’Ue è vulnerabile perché sconta una elevata dipendenza da un numero limitato di fornitori esteri di chip. Sin dagli anni Ottanta il governo centrale cinese ha cercato di costruire capacità locali per la produzione di chip. Lo ha fatto fornendo sostegno finanziario alle aziende cinesi, sostenute dallo spionaggio industriale e da pratiche commerciali predatorie. «Se la Cina competesse in modo equo e se i suoi obiettivi fossero commerciali anziché politici, i Paesi accetterebbero questa nuova competizione. Lo sforzo della Cina nei chip, tuttavia, è distorto dal suo obiettivo strategico di sostituire i fornitori occidentali come parte della sua ricerca di un ordine globale ristrutturato che le dia il dominio», ha detto James Andrew Lewis del Csis (Center for Strategic and International Studies). Secondo gli esperti servirà ancora una decina d'anni perché la Cina colmi definitivamenete il gap tecnologico e quantitativo che la rende dipendente dalla stessa Taiwan.

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