La Giordania - forse il paese mediorientale più interconnesso con Palestina e Israele - è in prima linea per cercare di disinnescare la bomba a orologeria della guerra in corso. Il regno hashemita – il cui sovrano oggi ha avuto un incontro in Italia con la premier e proseguirà per le altre capitali europee - è strettamente legato all'economia israeliana: l'accordo sul gas attraverso Chevron, l'accordo sull'acqua oltre che diversi protocolli diplomatici. Così se il conflitto dovesse perdurare è inevitabile che colpirebbe l'economia già fiacca di Amman, con la perdita del turismo, l'aumento dei prezzi dell'energia, il commercio frontaliero bloccato.
In questi giorni in Giordania si è discusso tanto anche del tema della sicurezza interna e del fatto che l'uso dei social tra i ragazzi potrebbe esporli alla radicalizzazione e a renderli più vulnerabili ai gruppi estremisti (da sempre in Giordania vengono controllati e resi inoffensivi). Tuttavia, tra tutti i pericoli, quello che maggiormente solleva perplessità è lo scenario di un massiccio flusso di palestinesi in Giordania.
Re Abdullah II a Roma avrebbe posto l'accento sulla questione palestinese e sul fatto che non ci sarà pace senza una soluzione chiara e giusta - cioè uno stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale.
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Il colloquio fra Giorgia Meloni e il re di Giordania «ha rappresentato anche un'occasione per uno scambio di vedute sulla necessità di rilanciare un orizzonte politico con le legittime Autorità palestinesi per il processo di pace israelo-palestinese» ha riferito una nota di Palazzo Chigi in cui si spiega che «è stato rilevato che la tradizionale forte amicizia tra Italia e Giordania potrà contribuire ad affrontare le sfide complesse in corso nella regione».