Nel dibattito che si è tenuto mercoledì sera Biden ha finalmente dimostrato una grinta di cui sembrava incapace, e questa mattina ha ricevuto l’endorsement del deputato Jim Clyburn, il deputato nero di più alto livello al Congresso (majority wip), enormemente influente in questo Stato del sud. Clyburn era stato cruciale per Obama nel 2008, quando ci si aspettava che Hillary si aggiudicasse il voto nero sull'onda della popolarità ancora molto viva del marito Bill Clinton. Il sostegno di Clyburn invece catapultò il giovane Barack Obama in prima posizione fra gli elettori afro americani e nessuno lo ha dimenticato.
Sanders dal canto suo era arrivato al dibattito con l’etichetta di front-runner e per questo aveva occupato il centro del palco. Per la prima volta però ha anche riscosso dei fischi dal pubblico, cosa che lo ha lasciato sconcertato. Come Trump, Sanders è abituato a parlare a folle esultanti di fedeli sostenitori e non a ricevere fischi. Ma nel dibattito tutti gli altri candidati, con l’eccezione della senatrice Elizabeth Warren, si sono lanciati contro di lui e le sue posizioni giudicate estreme, ricordando alcuni aspetti del suo passato che non sono piaciuti al pubblico. Michael Bloomberg, Pete Buttigieg, Amy Klobuchar e Tom Steyer lo hanno accusato di aver flirtato con dittatori marxisti (Castro, i sandinisti in Nicaragua, i sovietici), e di esporre i democratici a una bruciante sconfitta con il suo programma sociale estremista. Lui ha risposto: «Cosa c’è di estremista nel richiedere che tutti i cittadini abbiano l’assistenza sanitaria?»
Ma è vero che il progetto di sanità da lui proposto costerebbe una cifra stratosferica che al momento neanche gli Usa potrebbero permettersi senza aumentare le tasse in modo drastico e impopolare. Su questo unico fronte Elizabeth Warren è intervenuta a criticarlo, ricordando che invece il programma universale da lei suggerito procederebbe «a stadi» e sarebbe finanziato da una serie di tasse sugli straricchi. La senatrice del Massachusetts è stata molto efficace nel dibattito e il quotidiano del suo Stato, il Boston Globe, ha deciso di sostenerla, perché sarebbe «la candidata che ha migliori possibilità di smascherare le debolezze di Trump sul palco del dibattito».
Ma dopo l’appuntamento di sabato nella Carolina del sud, ci saranno appena tre giorni di pausa prima del più importante voto finora, i sedici Stati del Super Tuesday, che martedì 3 assegneranno 1345 dei 1991 delegati necessari ad aggiudicarsi la nomination alla Convention del 13 luglio a Milwaukee. Finora Bernie ne ha guadagnati 45, Buttigieg 25, Biden 15, Warren 8 e Klobuchar 7. E nessuno nella squadra dei moderati ha dimostrato la benchè minima voglia di ritirarsi per favorire un unico candidato nella lotta intestina contro Bernie.
Tutti i candidati moderati sono convinti che se il senatore del Vermont ottenesse la nomination del partito, poi a novembre perderebbe contro Trump, e trascinerebbe con sè anche la Camera e il Senato. Pur convinti di un simile catastrofico possibile futuro, nè Bloomberg, nè Biden, nè Buttigieg, nè Klobuchar appaiono disposti a ritirarsi per quello che evidentemente loro stessi giudicano il bene del Paese. Ognuno di loro infatti è convinto di essere il candidato che dovrebbe rimanere in pista. Ma forse martedì 3 qualcuno sarà costretto a fare i conti con delle sconfitte, e magari ci ripenserà.
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