Israele, il plotone delle soldatesse a caccia di Hamas: «Cento terroristi eliminati, ora basta dubitare di noi»

In testa il tenente colonnello Ben-Yehouda: «Così cancelliamo i pregiudizi sulle donne». Il racconto dell’assalto alla base militare: «In dodici abbiamo salvato i nostri colleghi»

Israele, il plotone delle soldatesse a caccia di Hamas: «Cento terroristi eliminati, ora basta dubitare di noi»
di Francesca Pierantozzi
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Martedì 24 Ottobre 2023, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 08:18

Sua madre, Emma Dina Ben-Yehouda, aveva la sua età quando si ritrovò in prima linea durante la guerra del Kippur, nel ‘73. Fece tutta la guerra come ufficiale, alla fine fu decorata con una medaglia al valore. Cinquant’anni dopo, il 7 ottobre scorso, è toccato a lei, tenente colonnello Or Ben-Yehouda, guidare una delle prime offensive contro l’attacco di Hamas. Or guida il battaglione Caracal, uno dei tre di Tsahal composto da sole donne. Sono di stanza a sud, vicino al confine con l’Egitto. Un paio d’anni fa Or si era ritrovata a respingere con le sue ragazze un attacco di terroristi, e per quello aveva ricevuto una medaglia. In genere, il loro lavoro è sempre stato contrastare i movimenti del contrabbando. Sabato 7 all’alba Or ha capito subito che stava succedendo qualcosa di diverso. Qualcosa di mai visto, in fondo di mai atteso. E nessuna delle sue ha esitato: Jaz, Michalk-Lee, Gal e le altre sono partite là dove i terroristi di Hamas stavano arrivando a decine, coi kalashnikov, i carri, preceduti dai razzi. Ragazze coi capelli sciolti, alcune dietro l’elmo e l’uniforme dimostrano appena vent’anni. 

EROINE

Da anni la loro presenza nelle unità dislocate nei posti più sensibili di Israele provoca polemiche: tra gli ortodossi, e anche tra gli scettici, quelli che pensano che affidare la sicurezza alle donne è un rischio. E invece sabato all’alba Or e le sue hanno difeso e salvato da sole i loro compagni soldati della base di Sufa, a qualche chilometri dal confine di Gaza, circondati da Hamas, asserragliati in un locale della base. È stata la stessa Or a raccontare come sono andate le cose, per dimostrare che donne e uomini possono difendere insieme Israele, che «non perdiamo lucidità sotto la pressione della guerra». «Abbiamo eliminato in dodici circa cento terroristi» ha raccontato Or. 

 

LA BATTAGLIA

«Spero che questo serva a dimostrare che non ci devono essere dubbi sulle donne soldato. Le mie sono le più coraggiose, hanno combattuto con lucidità, salvato vite umane». Il racconto è quello dell’inizio del terrore, della prima telefonata arrivata dal tenente colonnello Yonatan Tzur, comandante del battaglione di ricognizione della Nahal, la brigata dei berretti verdi, in azione sui fronti più instabili. «Sono entrati - le ha comunicato Tzur - sono a Sufa e Nirim, sono pesantemente armati, sono tanti».

Tzur è morto qualche ora dopo. Or e le sue sono partite all’istante: «Stiamo andando ad eliminare terroristi, è in atto un’infiltrazione di Hamas in Israele, e si sta diffondendo. State all’erta, siamo una squadra forte». Nella mezz’ora di strada dal loro quartier generale al confine con l’Egitto fino a Sufa, Or e le sue si rendono conto di quello che accade. A Sufa trovano 40 persone, quasi tutti soldati, asserragliati in un locale. Dentro la base sono assediati da almeno 7 terroristi, altri sparano da un terrapieno, un convoglio con altri 50 uomini di Hamas è in arrivo. 

LA STRATEGIA

È cominciata la battaglia descritta da Or, che ha scelto di non intervenire direttamente dentro la base per cercare di salvare gli israeliani asserragliati. Per ore le ragazze di Karkal hanno respinto da sole il fuoco dei terroristi. «A un certo punto ci siamo trovate un convoglio che puntava verso di noi, tre furgoni, cinque moto, una cinquantina di terroristi e cecchini. Eravamo solo dodici, le altre erano in villaggi vicini a proteggere i civili. Abbiamo risposto al fuoco con mitragliatrici, mortai, lanciarazzi. Uno di Hamas si è lanciato su di me, mi sono detta: ci siamo, o io o lui. Ho reagito. È riuscito a spararmi ma non mi ha ferito. Molti terroristi sono stati uccisi, altri si sono ritirati. Alla fine è arrivata una squadra dello Shayetet 13, hanno lanciato dei droni per aiutarci. La battaglia è durata quasi 14 ore. I quaranta sono stati liberati». Quando il suo maggiore Avi Hovliashvili l’ha chiamata per annunciarle che si stava dirigendo con i suoi uomini verso di loro, Or lo ha avvertito: «Le strade sono dritte e scoperte, i terroristi sono dovunque». «Hovliashvili e i suoi uomini ne hanno eliminati tanti, ma lui non è mai arrivato a Sufa, è morto sulla strada». 

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