Migranti, Tunisia travolta dai flussi: si teme l’ondata dal Niger. Preoccupa il destino di 300mila rifugiati

Il governo conferma l’intesa con Saied: «Da inizio anno 30mila migranti fermati»

Migranti, Tunisia travolta dai flussi: si teme l’ondata dal Niger. Preoccupa il destino di 300mila rifugiati
di Francesco Bechis
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Giovedì 10 Agosto 2023, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 07:24

Guardare il bicchiere mezzo vuoto, di questi tempi, non è impresa facile. Ci prova lo stesso il Viminale di Matteo Piantedosi: l’intesa tra Italia, Ue e la Tunisia di Kais Saied per contenere i flussi migratori nel Mediterraneo «sta dando i primi risultati», è il bilancio tracciato a matita negli uffici del ministero dell’Interno. Dove già lo sguardo è proiettato a un’altra potenziale spirale di instabilità in Africa: la guerra che incombe sul Niger in mano ai golpisti, probabile innesco di nuovi imponenti flussi migratori verso il Mediterraneo.

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LA LINEA DEL VIMINALE

Sono ore di apprensione.

La scia di morte lungo la rotta tunisina preoccupa il governo. Dati alla mano però, spiegano dall’esecutivo, l’impegno di Tunisi per blindare le frontiere e aumentare i controlli sulla costa ha già dato segni tangibili. Un dato su tutti: da gennaio, sono più di 30mila i migranti cui il governo magrebino ha impedito di partire alla volta dell’Europa e dell’Italia. Cifre apparentemente di poco conto se solo si allarga lo sguardo: dei 93mila migranti approdati sulle coste italiane da inizio anno, quasi 60mila arrivano dalla Tunisia. Paese di partenza, transito e un tempo anche di destinazione. Prima che il collasso finanziario del governo Saied e la morsa dell’inflazione riducessero uno dei più stabili e democratici Paesi del Nord Africa a una polveriera sociale. 

Ma a Roma, si diceva, lo sguardo è al bicchiere mezzo pieno. Ai controlli alle frontiere interne tunisine rafforzati dalle guardie di frontiera. Talvolta con metodi spicci e respingimenti duri al confine libico e algerino denunciati dalle organizzazioni per i diritti umani. Eppure, ragionano tra Palazzo Chigi e Viminale, blindare i confini interni è proprio una delle richieste avanzate dal “team Europa”, la processione di missioni diplomatiche a Tunisi della premier Giorgia Meloni insieme alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. La “linea dura” sui flussi interni chiesta a Saied del resto è una delle condizioni alla base del pacchetto di aiuti milionario varati da Italia e Ue. Insomma, anche a fronte delle tragedie che si consumano in mare lungo le cento miglia nautiche che separano Sfax da Lampedusa, Roma non ha alcuna intenzione di rinnegare gli accordi con Saied. Non ora, almeno. È questo un punto fermo per Meloni che molto ha investito sul rapporto con il presidente-autocrate Saied, di recente accolto a Roma come ospite d’onore della Conferenza sulle migrazioni. 
Andranno dunque avanti i programmi di collaborazione tra Roma e Tunisi. Come la consegna di pick-up alla guardia di frontiera, più di 80 i mezzi inviati prima dell’estate, così come i programmi di addestramento degli agenti tunisini al confine e i fondi alle imprese per assumere i migranti stazionati nelle città tunisine e quasi tutti provenienti dall’Africa subsahariana: sono quasi 100mila, buona parte sono “migranti economici” da Paesi come Guinea e Costa d’Avorio e dunque non possono fare richiesta di asilo. 

IL NODO NIGERINO

Oggi la Tunisia. Domani, forse, il Niger. Viminale e Farnesina seguono da vicino, col fiato sospeso, l’evoluzione del golpe militare che ha gettato nel caos uno dei più grandi e più poveri Paesi africani, snodo centrale delle rotte migratorie, sede di più di 250 soldati italiani. Oggi si riunirà l’Ecowas, l’unione degli Stati dell’Africa occidentale che ha promesso un intervento bellico per destituire i golpisti del generale Tchiani e reinstaurare il presidente eletto Mohamed Bazoum. L’ultimatum alla giunta militare è scaduto lunedì.
Il Niger è la vera frontiera europea in Africa. Ospita più di 300mila rifugiati, quasi tutti dalla vicina Nigeria. Ma anche i centri di “smistamento” dell’Onu che da Niamey coordinano l’arrivo di richiedenti asilo dalla Libia e i corridoi umanitari verso l’Europa. Una guerra in Niger aprirebbe il vaso di Pandora. E l’onda lunga arriverebbe di certo fino al Mediterraneo.

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