Mar Rosso, la crisi aumenta i prezzi di gas e petrolio: le navi evitano Suez dopo gli attacchi degli Houthi

Le rotte si allungano del 40%. I costi delle merci su del 12%

Mar Rosso, la crisi aumenta i prezzi di gas e petrolio: le navi evitano Suez dopo gli attacchi degli Houthi
di Claudia Guasco
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Martedì 19 Dicembre 2023, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 08:25

L’allargamento del conflitto da Gaza al Mar Rosso, con lo schieramento degli Houthi contro Gerusalemme, si è trasformato in una minaccia strategica ed economica su larga scala, che potrebbe diventare una guerra a sé. Ieri le milizie sciite dello Yemen, sostenute dall’Iran e dotate di forze militari ben strutturate, hanno rivendicato gli attacchi contro due navi «collegate a Israele», la petroliera Swan Atlantic e la portacontainer Msc Clara. «A ogni escalation a Gaza corrisponderà un’escalation nel Mar Rosso», promette il generale yemenita Yussef Maadani.

PRESSIONE SUI MERCATI

Conseguenza diretta è la fiammata delle quotazioni di gas e petrolio.

Il Wti, utilizzato come benchmark sul mercato dei futures del Nymex, sale del 2,7% oltre quota 73 dollari, mentre il brent si avvia verso i 79 dollari al barile. Quanto al gas, i contratti future con consegna a gennaio oltrepassano i 37 euro (+12%) per poi chiudere oltre i 35 euro, mentre ad Amsterdam, mercato di riferimento, i contratti future su gennaio guadagnano a fine giornata il 7%. Quattro delle prime cinque aziende mondiali di navi portacontainer, che da sole rappresentano quasi il 55% dei vettori di trasporto marittimo, seguiranno l’esempio dell’israeliana Zim e devieranno le loro rotte verso Capo di Buona Speranza circumnavigando l’Africa. Questo si traduce in un allungamento significativo del viaggio dai porti asiatici a quelli del nord Europa, del Mediterraneo e della costa est degli Stati Uniti, con ripercussioni sui costi e sulle tempistiche di consegna delle merci. «La nostra flotta ha incluso anche l’opzione Capo di Buona Speranza per il viaggio e, se esercitata, è previsto un carico aggiuntivo fino a 400.000 dollari», che possono tradursi in un aumento del 9%-12% per ogni viaggio, ha riferito una fonte a S&P. Il cambio di rotta, che può avvenire in qualsiasi momento a discrezione del comandante della petroliera in base a valutazioni di sicurezza, è imposto dai rischi connessi al passaggio da Suez, preso di mira dai missili e dagli attacchi con i droni condotti dagli Houthi contro le navi degli Stati ritenuti colpevoli dagli yemeniti di non dissociarsi da Israele in guerra con Gaza, governata dalle milizie filo iraniane di Hamas. Lo scorso fine settimana Maersk Tankers, Moller-Maersk, Hapag-Lloyd e Msc hanno comunicato che le loro navi si terranno alla larga dal Canale di Suez finché la situazione non sarà tornata in sicurezza. Stessa decisione assunta ieri dal colosso petrolifero Bp, che ha annunciato la sospensione delle spedizioni nel Mar Rosso: «La sicurezza e l’incolumità del nostro personale e di coloro che lavorano per noi è la priorità». Il passaggio cruciale per il traffico marittimo è Bab al-Mandeb, largo solo 20 miglia, che congiunge il Mar Rosso con il Golfo di Aden e quindi con l’Oceano Indiano. È il quarto «collo di bottiglia» più trafficato al mondo, da qui nella prima metà di quest’anno sono transitati 8,8 milioni di barili di petrolio e 116 milioni di metri cubi al giorno di gas naturale liquefatto. È cruciale per i Paesi occidentali ma anche per Cina, India e Giappone. E anche l’Egitto ha molto da perdere, i diritti di passaggio da Suez valgono 5 miliardi di dollari all’anno. Ora le navi sono obbligate a circumnavigare il Capo di Buona Speranza, come prima del 1869, prolungando il percorso del 40%, spendendo molto di più in termini di trasporto e assicurazione. Secondo S&P il costo dei viaggi può lievitare fino al 12% e la sua durata si protrarrebbe di un paio di settimane, con un impatto inevitabile sulle quotazioni di gas e petrolio. Una crisi che potrebbe durare a lungo.

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INTERVENTO DEGLI USA

Le minacce degli Houthi infatti non si placano, «non abbandoneranno la causa palestinese a prescindere da qualsiasi minaccia americana, israeliana o occidentale», ha rimarcato Ali al-Qahoum, dell’ufficio politico degli Houthi, alla tv al-Mayadeen. Al-Qahoum ha paventato «conseguenze disastrose» in caso di «azioni ostili contro lo Yemen» e ha sostenuto che sussiste un «impegno» degli Houthi a tutela «della navigazione marittima nel rispetto del diritto internazionale». Oggi il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin annuncerà una task-force anti-Houthi nel Mar Rosso: «Vogliamo potenziare una forza marittima che esiste già, sotto la guida del Bahrein», ha spiegato. L’unità, che dovrebbe chiamarsi “Operation Prosperity Guardian”, rafforzerà la Combined Maritime Forces, composta da 29 Nazioni che forniscono navi militari unitamente al supporto aereo per il pattugliamento marittimo nelle acque di Mar Rosso, Oceano Indiano e Golfo. «Gli attacchi degli Houthi sono sconsiderati, pericolosi e violano il diritto internazionale. Stiamo agendo per costruire una coalizione internazionale e affrontare questa minaccia», ha stigmatizzato Austin, che convocherà una riunione con altri ministri della Difesa. «Vorrei ricordarvi che questo non è solo un problema statunitense - ha aggiunto - ma internazionale e come tale merita una risposta internazionale».
 

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