Fukushima, l’acqua scaricata nel Pacifico: smaltito un milione di tonnellate. La Cina: «Reagiremo»

Pechino convoca l’ambasciatore. E Hong Kong blocca l’import del cibo

Fukushima, l’acqua scaricata nel Pacifico: smaltito un milione di tonnellate. La Cina: «Reagiremo»
di Vittorio Sabadin
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Mercoledì 23 Agosto 2023, 01:40 - Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 09:05

La centrale nucleare giapponese di Fukushima comincerà domani a scaricare nell’Oceano Pacifico l’acqua che è servita a raffreddare i tre reattori danneggiati dallo tsunami del 2011, e che è stata custodita in questi anni in giganteschi serbatoi. Si tratta di 1,34 milioni di tonnellate d’acqua, sufficienti a riempire 500 piscine olimpiche, che non verranno però versate in mare tutte assieme: si pensa di farlo in 30 anni, mentre altra acqua andrà a raffreddare i reattori e a riempire i serbatoi che si svuotano. La Cina protesta, accusando il Giappone di «usare il Pacifico come una propria pattumiera», Hong Kong e la Corea del Sud hanno già bloccato l’importazione di alcuni cibi, la gente protesta in piazza a Tokyo e a Seul, e i pescatori e le aziende ittiche della zona lamentano che nessuno comprerà più il loro pesce. Eppure il piano è stato approvato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dell’Onu dopo che se ne è discusso per due anni. Il capo dell’agenzia, Rafael Grossi, è andato sul posto, ha controllato tutto e ha fatto sapere che «l’impatto sarà irrilevante». Corea del Nord, Kim Jong-un lancia missili per minacciare le manovre navali di Usa e Seul, avvertimento alla "Nato" asiatica

L’INTERVENTO

Tepco, la società elettrica condannata nel 2022 a risarcire con 94 miliardi di euro gli abitanti della zona, si sta occupando di ripulire l’acqua che verrà versata nel Pacifico e di diluirla con acqua di mare.

Assicura di avere rimosso 60 sostanze radioattive, ma ha ammesso che verserà nell’Oceano trizio e isotopi di carbonio-14, che sono più difficili e costosi da eliminare. Ma lo farà in quantità minime: il livello finale di trizio corrisponderà a 15.000 becquerel per litro, sette volte meno di quello che c’è nell’acqua che l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera potabile. Ma la Cina, che sta litigando con il Giappone anche per altre ragioni, come il riarmo di Tokyo e la questione di Taiwan, non l’ha presa bene: il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha detto che Pechino prenderà «le misure necessarie per salvaguardare l’ambiente marino, la sicurezza alimentare e la salute pubblica», perché il Giappone «sta mettendo il proprio interesse personale al di sopra del benessere a lungo termine di tutta l’umanità». 

LA PROTESTA

Il primo ministro giapponese Fumio Kishida non si è fatto impressionare e ha confermato ieri l’inizio delle operazioni. Tokyo ha subito fatto sapere che la Cina già versa in mare dalle sue centrali nucleari molto più trizio e carbonio di quello che rilascerà il Giappone, e non può dunque fare prediche a nessuno. Greenpeace ha precisato che se è vero che tutte le centrali del mondo scaricano in mare, bisogna tenere conto del fatto che l’acqua di Fukushima viene da un immane disastro, e non da normali operazioni di manutenzione. La gente ha paura e non si fida: la Corea del Sud ha approvato la decisione di Tokyo, ma l’80% della popolazione è contraria e si farà sentire. Molti autorevoli scienziati hanno espresso in queste ore il loro parere. Il professor Jim Smith, docente di scienze ambientali all’Università di Portsmouth, ha spiegato che «i siti nucleari di tutto il mondo, tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Cina e Corea del Sud, scaricano acque reflue diluite in mari, fiumi e laghi. Lo fanno da decenni senza impatti significativi. Ad esempio, l’impianto di ritrattamento dell’Aja, in Olanda, rilascia circa 10.000 terabecquerel di trizio all’anno nel Canale della Manica. Le dosi di radiazioni da questo versamento sono molto basse e non ci sono prove di impatti significativi sull’ecosistema. Il rilascio previsto da Fukushima di 22 terabecquerel all’anno nel Pacifico è circa 450 volte inferiore ai rilasci dell’Aja e 50 volte inferiore a quelli dell’impianto britannico di Sellafield». Smith è convinto che «i piani del governo giapponese siano solidi e rappresentino le migliori pratiche attuali». Anche l’esperto di patologia molecolare del London College, Gerry Thomas, che ha collaborato con l’Aiea, ritiene che non ci siano pericoli. «L’acqua rilasciata sarà una goccia nell’oceano, sia in termini di volume che di radioattività. Non ci sono prove che questi livelli estremamente bassi di radioisotopi abbiano un effetto dannoso sulla salute». Tutto dipenderà ovviamente dai controlli che verranno fatti, che preoccupano il biologo marino Robert Richmond, professore dell’Università delle Hawaii: «Abbiamo visto una valutazione inadeguata dell’impatto ecologico che ci fa temere che il Giappone non solo non sarebbe in grado di rilevare ciò che entra nei sedimenti e negli organismi, ma neppure di rimuoverlo. E se si sbagliano, non ci sarà modo di rimettere il genio nella bottiglia». 

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