Biden, il sistegno a Israele e i difficili rapporti con il mondo arabo che possono avere conseguenze sul voto Usa (a partire dal Michigan)

Dopo l'iniziale appoggio incondizionato a Netanyahu, successivo al massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre, Biden sta rivedendo la sua posizione, consapevole che un bilancio di 27mila vittime, tra cui molti bambini, è inaccettabile

Biden, il sistegno a Israele e i difficili rapporti con il mondo arabo che possono avere conseguenze sul voto Usa (a partire dal Michigan)
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 2 Febbraio 2024, 17:07 - Ultimo aggiornamento: 20:08

Biden negli ultimi giorni ha aumentato le pressioni su Netanyahu perché limiti le vittime civili nella guerra a Gaza e accetti l'accordo sul cessate il fuoco con Hamas. Il presidente americano sta lavorando per il riconoscimento di uno Stato palestinese dopo la guerra, andando di nuovo allo scontro con il primo ministro israeliano, e soprattutto ha firmato un ordine esecutivo che sanziona quattro estremisti di destra di Israele, coloni resisi responsabili di azioni violente contro i palestinesi in Cisgiordania.

Dopo l'iniziale appoggio incondizionato a Netanyahu, successivo al massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre, Biden sta rivedendo la sua posizione, consapevole che un bilancio di 27mila vittime, tra cui molti bambini, è inaccettabile. Non solo: si sta rendendo conto che sta perdendo l'appoggio non solo dell'ala progressista dell'elettorato democratico, ma anche della comunità araba dove sta prendendo forza un movimento che vorrebbe boicottare la rielezione di Biden.

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L'equilibrio difficile

Rispetto al suo probabile avversario, Donald Trump, che può lanciare messaggi spesso contradditori e generici senza pagare pegno con la sua base, Biden sta camminando sul filo di un equilibrio difficile, perché deve da una parte mantenere il consenso della comunità ebraica americana, dall'altra dimostrare che sta lavorando per la pace in modo da non compromettere il sostegno a sinistra e tra gli arabi.

Certo, gli ultimi sondaggi che lo vedono incrementare il vantaggio su Trump sembrano rassicurarlo, ma contano fino a un certo punto, perché a novembre a decidere chi sarà presidente sarà l'esito nei singoli stati, non il consenso a livello nazionale. Negli Usa non vince chi prende più voti, ma chi conquista più Stati: non è la stessa cosa.

L'analisi del Washington Post

Il Washington Post scrive in un lungo reportage: «Gli arabi e i musulmani del Michigan spingono per sconfiggere Biden in uno stato critico. Mentre la guerra a Gaza provoca la morte di amici e parenti, la rabbia per il rifiuto di Biden di chiedere un cessate il fuoco si è trasformata in organizzazione politica». Viene raccontata la storia di un elettore arabo-americano che ha ricevuto la notizia della morte di una trentina di parenti a Gaza in un attacco aereo.

«Alcuni arabi e musulmani del Michigan hanno lanciato una campagna “Abandona Biden” – parte di un movimento nazionale più ampio ancora in fase di decollo – per garantire che i membri della loro comunità si presentino per esprimere il proprio voto, ma non per Biden. Gli organizzatori della campagna, che si oppongono anche a Donald Trump, non si sono ancora coalizzati su una strategia per le elezioni generali. Stanno ancora discutendo se incoraggiare gli elettori a sostenere un candidato di un terzo partito o saltare del tutto la competizione presidenziale pur continuando a votare per altre cariche. In ogni caso, gli organizzatori stanno dicendo agli elettori musulmani e arabi che dovrebbero presentarsi e votare, piuttosto che restare a casa, quindi è chiaro che Biden ha specificamente perso il loro voto».

In Michigan gli arabi e i musulmani sono 300mila e nel 2020 votarono per Biden in uno stato in cui l'attuale presidente prevalse con un vantaggio di 154mila voti. In particolare nella città di Dearborn «circa tre quarti degli elettori hanno sostenuto Biden nel 2020. Di conseguenza, ha ottenuto più di 30.000 voti solo da Dearborn, escluse le città vicine che sono anche roccaforti arabo-americane». Oggi spiega Il sindaco Abdullah Hammoud: «La guerra Israele-Gaza è la questione numero uno, due e tre». 

Giovedì Biden è stato nel Michigan. Spiega il sito The Hill: «Il presidente ha incontrato i leader della comunità nera e ha chiacchierato con gli avventori al They Say, un ristorante di proprietà dei neri, e ha parlato in una sala della United Auto Workers (UAW) sulla scia dell'approvazione da parte dell'organizzazione della sua candidatura per la rielezione durante la sua visita nell'area di Detroit». Ma ha evitato di andare a Dearborn, dove, appunto, è molto numerosa la comunità araba e musulmana. 

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