«Ci capita ancora di sentir dire dalle aziende che ci assumono 'Oh ecco il tuo modello ' trans' invece che semplicemente 'ecco il nuovo bravo modello» - racconta ai media Garnet Rubio, uno dei giovani indossatori dai contorni sessuali fluidi - «ma ci cercano più spesso. Per la prima volta nella mia vita professionale - ha aggiunto il giovane - sono pagato per essere me stesso».
Fondata dalla spettacolare modella thailandese Peche Di, trans a sua volta, frustrata dalle poche possibilità offerte ai transgender nel mondo della moda, l'agenzia oggi conta 19 modelli: 10 uomini e 9 donne, di razze, altezze, colori e bellezze diverse. Tutti pronti a sfilare o farsi fotografare nelle loro cangianti identità: capelli lunghi o corti, trucco e abiti maschili, femminili, ambigui, incerti. Talvolta indecifrabili. Ma il clima sta cambiando e negli ultimi mesi la ' Trans Models' è stata assoldata da grandi nomi come la 'Budweiser' e 'Smirnoff'.
«In passato - racconta Peche Di - mi ricordo di essere stata assunta da una azienda di bevande, ma dopo un foto-shooting, quando scoprirono che ero transgender, mi licenziarono su due piedi. Mi pagarono, ma rifiutarono la mia identità». Oggi, invece, aumentano i clienti a caccia proprio di modelli ' trans': «Ci assumono proprio perché possiamo offrire un nuovo elemento alla loro marca, alla loro immagine. Perché siamo autentiche e autentici».
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