L'ultima intervista al Messaggero della signora della moda - di M. Latella

L'ultima intervista al Messaggero della signora della moda - di M. Latella
di Maria Latella
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Giovedì 22 Dicembre 2016, 19:37
La differenza tra un direttore di Vogue e Franca Sozzani è che Franca Sozzani non è più, e da tempo, soltanto il direttore di Vogue. Non è neppure solo il motore di multiformi progetti che, ruotando attorno al business della moda, recano maggior gloria al suo gruppo editoriale, Condè Nast, e agli imprenditori del settore. Nel mondo della moda, a Parigi come a New York, la tentazione è rinchiudersi nella comoda e dorata gabbietta del proprio invidiabile microcosmo: c'è gloria e bella vita per tutti, in quella gabbietta, ma non è cosi che si diventa “la Sozzani”.
L'altro giorno, a Roma, il direttore di Vogue Italia è stata nominata ambasciatrice del Programma alimentare mondiale dell'Onu (il WFP) ma il percorso vistosamente in contrasto con la frivolezza di sfilate e collezioni l'aveva intrapreso da tempo. Ventitré anni fa, dice lei. Fu allora che anche a Milano il mondo della moda decise di fare qualcosa per aiutare chi si ammalava di Aids. Con la regia di Franca Sozzani nacque l'appuntamento di charity Convivio che c'è ancora perché, spiega la direttrice di Vogue «non mi piace lavorare sull'onda dell'entusiasmo e poi mollare». E' un Capricorno, lei.

TRA MILANO E NEW YORK
Non che sia stata sempre così engagè. «A vent'anni ero tutt'altro che impegnata. Neppure ora lo sono. Mi piace uscire, divertirmi e non rinnego certo quel che ho fatto. Che ventenne ero? Laureata in filologia germanica, sposata giovanissima e dopo tre mesi già separata. Un po' frivola? Sì. Ma non vuol dir niente. C'è un momento per tutto». Il primo vero cambiamento arrivò a 25 anni: «Ho deciso che volevo lavorare. Certo, fare la stylist a Vogue aveva degli ovvi vantaggi, ma io ho preso subito sul serio quel che facevo. Oliviero Toscani ricorda com'ero a quei tempi, “una deficiente puntaspilli vestita Saint Laurent”». Alcuni decenni dopo, avendo nel frattempo conquistato e consolidato posizioni tra Milano e New York, dove vive suo figlio Francesco e dove Condè Nast ha la sua sede, arriva pure la nomina ad ambasciatrice del Programma Alimentare.

«È nata da un incontro con Ertharin Cousin, la presidente del World Food Programme. Ci siamo viste per la prima volta al Luxury Summit organizzato da Suzy Menkes a Roma, abbiamo cominciato a parlarne. Novanta milioni di persone mangiano grazie a Ertharin Cousin e al WFP». Sozzani parla dei tanti progetti che ruotano attorno al Programma Alimentare. «C'è il filone education, che sostiene la formazione scolastica dei bambini. Se non devono più procurarsi il cibo, i genitori li lasciano andare a scuola. C'è il programma di sostegno alle donne, le aiuta a diventare piccole imprenditrici agricole».
E perché hanno voluto proprio lei? «Perché molti non sanno niente. Per dare visibilità al lavoro delle Nazioni Unite». Perciò cosa farà? «Ho cominciato a usare il mio network. Conosco tanta gente che a sua volta ha grande seguito nell'opinione pubblica. Li ho chiamati. Chi? Per esempio Kim Kardashian: su Twitter ha milioni di follower. Si è data da fare».

Nel frattempo, c'è sempre il mondo Vogue di cui continuare ad occuparsi. «In redazione sono abbastanza organizzata e poi preferisco andare in Liberia e rinunciare a una settimana a Portofino. Avere una vita piena può comportare qualche sacrificio ma il mondo è pieno di donne che non hanno voglia di rinunciare a niente. Arrivate a una certa età, con i figli grandi, si specchiano nel vuoto: “E ora cosa faccio?”. Ogni anno, quando finisce Convivio, c'e'sempre qualche amica che mi dice: “Se hai bisogno, l'anno prossimo, chiama”. Si ti chiamo, ma se poi non rispondi...».

UNA DONNA PRATICA
Il punto è proprio questo: «Fai una scelta e la porti avanti - procede adamantina “la Sozzani” - La nomina ad ambasciatrice del Programma Alimentare per me non è una medaglia in più, è un lavoro. Sono una donna pratica, che punta ai risultati». Certo, dev'essere un bel contrasto passare dagli isterismi degli stilisti alla realtà di chi può letteralmente morire di fame per un'imprevista carestia. «Non ho la pretesa di cambiare il mondo ma se ognuno di noi facesse quel che può, qualcosa cambierebbe».

Gli incontri contano. Quello con Eartharin Cousin, le sta rivelando un mondo nuovo. «Quello col professor Moroni, 23 anni fa, mi fece capire che non è da stronze andare alle sfilate, si può usare un contesto privilegiato per fare qualcosa di più importante e di buono. Sono entrata in mondi che non erano miei e ho imparato tanto. Quando parlano loro sto zitta».

LA FAMIGLIA
E quando parla ai ventenni che ormai vogliono solo occuparsi di moda o di cucina? «Ieri sono tornata a Milano perché avevo un incontro con gli studenti del Politecnico. Ho detto a loro quel che dico sempre ai giovani. Nella vita servono due cose. La prima è la cultura: se non ce l'hai devi fartela, piano piano, negli anni, anche se non sei andato all'università. La seconda è sapersi guardare attorno. Gli aspiranti stilisti non possono proporre ancora collezioni ispirate al punk».

Avrete capito che Franca Sozzani è anche il frutto di un'educazione rigidina. «Genitori buonissimi, ma mia sorella ed io siamo cresciute quasi militarmente». Al punto che Franca, a sette anni, decise di voler andare in collegio. «Mi dava l'idea di godere di maggior libertà. Forse già allora avevo capito che andar oltre confine era bellissimo. Sono stata in Francia per un anno e mezzo». Il colpo di fortuna? «Avere un padre che, disponendo dei mezzi economici, un minuto dopo la mia richiesta era già pronto a comprare il biglietto».