«Acquaroli? Si vede che mi soffre». Così Matteo Ricci pensa da governatore e punta dritto alla Regione

Il sindaco di Pesaro non nasconde la sua volontà e gli obiettivi 2025 «In tante occasioni l’attuale numero uno ha dimostrato di patirmi»

«Acquaroli? Si vede che mi soffre». Così Matteo Ricci pensa da governatore e punta dritto alla Regione
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Venerdì 22 Marzo 2024, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 15:57

ANCONA Si scrive Europee, si legge Regionali. Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, ormai in scadenza di mandato dopo 10 anni alla guida della città, ha fatto sapere in più occasioni di essere disponibile a correre sotto il vessillo del Pd per uno scranno a Bruxelles. Ma dietro lo specchietto per le allodole c’è tutta un’altra partita da giocare: quella che (ri)apre le porte di Palazzo Raffaello. E Ricci vuole giocarla da frontman, da candidato ideale per battere il centrodestra. Non lo dice esplicitamente, ma l’ars oratoria della politica raramente è esplicita, si sa. Letto in filigrana, tuttavia, il suo messaggio è molto chiaro. L’uomo è svelto e arguto, sempre.


Il palcoscenico


Lo ha veicolato - il messaggio - mercoledì sera a Pergola, presentando il suo libro Pane e Politica in un dialogo con la giornalista del Corriere Adriatico Véronique Angeletti. «Penso che a livello regionale ci possano essere tanti candidati - ha messo le mani avanti, per poi esternare il vero Ricci-pensiero - quello che vedo è che Acquaroli mi soffre, si è notato in tante occasioni».

Tradotto: con me come avversario, l’attuale governatore andrebbe in difficoltà e avremmo più chance di riprenderci la Regione. Se non una vera auto-candidatura, poco ci manca. E il diretto interessato non è l’unico del partito a pensarla così, anzi. 


La roccaforte da proteggere


In fondo, come si è definito anche lo stesso Ricci, lui è l’ultimo dei Mohicani: gli altri capoluoghi di provincia delle Marche sono caduti uno dopo l’altro sotto i colpi dell’armata del centrodestra, ma Pesaro no. Pesaro è rimasta saldamente in mano al centrosinistra anche quando tutto intorno remava dalla parte opposta. E ora che con la candidatura a sindaco di Andrea Biancani è stato evitato l’ennesimo harakiri in casa dem, è probabile che a giugno riescano a tenersela. «La vittoria a Pesaro è molto importante anche per la regione - non manca di rimarcare Ricci - loro ci punteranno molto, invece penso che vinceremo noi e da Pesaro partirà la riscossa per le prossime elezioni Regionali». Cristallino. Prende la sua città a modello anche per serrare le fila dello sfilacciato Pd: «L’avete vista l'operazione che ho fatto a Pesaro insieme a Ceriscioli, con il quale in questi anni c'è stata qualche difficoltà dopo il cambio in Regione».


Le parole sono importanti


Coniando quello che probabilmente passerà alla storia come l’eufemismo del secolo, la fascia tricolore ricorda le «difficoltà» sorte quando l’ex governatore cadde sotto i colpi del fuoco amico interno al partito e non venne ricandidato. «Abbiamo dimostrato responsabilità e senso del partito», dice Ricci. Che senza la pax pesarese stipulata con Ceriscioli - ammesso e non concesso che sia reale e solida - non ha una chance al mondo di essere il candidato dem alle Regionali. Ma il nemico-amico prof di matematica non è l’unico ostacolo che separa Ricci da Palazzo Raffaello: finito nella minoranza del partito, non è certo la prima scelta della segretaria regionale Chantal Bomprezzi, molto vicina invece a Ceriscioli e Alessia Morani. E anche nel Sud delle Marche c’è chi non accoglie con entusiasmo l’ennesima calata pesarese su Ancona e vorrebbe veder candidato uno dei suoi. È il pensiero, per esempio, del consigliere regionale Fabrizio Cesetti, battitore libero già assessore al Bilancio della giunta Ceriscioli che rema per un nome espressione di Macerata, Fermo o Ascoli. Magari il suo, perché no. Da qui al 2025 la strada è lunga, per Ricci in salita. Ma non è l’Himalaya.
 

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