ANCONA Le Marche sono isolate. Una cantilena che ci sentiamo ripetere da tempo immemore. Di solito associata alle infrastrutture medievali - dalle ferrovie alle strade - a cui la regione è stata condannata finora. Ma c’è anche un altro segmento su cui il territorio deve recuperare un ampio gap: quello delle infrastrutture immateriali. In tema di digitalizzazione non brilliamo e nel terzo millennio non è più accettabile.
Il divario
Lo ha sottolineato a più riprese anche il governatore Francesco Acquaroli, mettendo in evidenza come una maggiore connessione è la conditio sine qua non per uno sviluppo omogeneo delle Marche. Per invertire il trend, la Regione ha messo in campo una cura da cavallo per la diffusione della Banda ultra larga e, benché siano stati fatti grandi passi, non è ancora abbastanza. Se infatti la copertura avanza, non sempre la connessione la segue. E il problema maggiore si crea nelle aree interne della regione. Per un’analisi più puntuale, partiamo dai freddi numeri: consultando il sito della Regione dedicato alla Bul, risulta che dei 218 cantieri Infratel di OpenFiber nelle Marche, 217 sono stati aperti, 199 chiusi (91,2%) e 149 collaudati (68,3%). «Siamo soddisfatti per i progressi compiuti con il Piano di diffusione della banda ultra larga che sta portando risultati tangibili - l’analisi dell’assessore alla Digitalizzazione Andrea Maria Antonini durante i due incontri sul territorio per illustrare lo stato dell’arte - ma c’è ancora da lavorare per servire le aree non del tutto coperte, per raggiungere il pieno obiettivo di una connettività diffusa e capillare».
Obiettivo che per Palazzo Raffaello si traduce nella trasformazione delle Marche in un «Borgo digitale diffuso», come previsto dell’Agenda per la trasformazione digitale approvata dalla Regione nel 2021.