Trasfusione infetta, risarcimento da mezzo milione e novità sul calcolo degli interessi

L'avvocato Renato Mattarelli
di Giovanni Del Giaccio
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Lunedì 23 Ottobre 2017, 18:50 - Ultimo aggiornamento: 19:03
Circa 520mila euro fra capitale ed interessi sono stati liquidati oggi dal Tribunale di Roma in favore delle sorelle ed eredi di una donna deceduta nel 2014,   all'età di 59 anni, e alla quale quando era giovanissima, vennero trasfuse diverse sacche di sangue al "Santa Maria Goretti" di Latina.

La sentenza del Tribunale di Roma   non lascia dubbi: sono state le trasfusioni somministrate nell'ospedale pontino fra il 1979 e il 1981 ad infettare l'allora giovane donna del virus dell’epatite C.

Quando aveva iniziato la terapia ematica, per un’insufficienza renale, la donna aveva solo 22 anni e quando l’ha terminata ne aveva 26, ma solo nel 2009  aveva scoperto di essere affetta da una grave forma di epatite C. Il virus, infatti, è considerato "silente" e può restare innocuo anche per trenta anni. E' il motivo per il quale, ancora oggi, ci sono nuovi casi di infezioni dovute a trasfusioni non controllate fino agli anni '90 

L'avvocato Renato Mattarelli, che  ha assistito la donna  quando era in vita, aveva intrapreso una prima azione che aveva fatto ottenere   un assegno mensile di circa 800 euro previsto dalla   legge  210 del '92 in favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni di sangue e vaccinazioni. Poi nel 2013 il legale aveva intrapreso la causa terminata con il maxi risarcimento di oggi di cui però la povera donna morta nel 2014 non potrà mai godere.

«Ben oltre l'aspetto economico la sentenza il tribunale romano ha condannato il Ministero della Salute per non aver controllato e vigilato - come invece previsto dalla legge dell'epoca - sulla qualità delle diverse sacche di sangue trasfuse alla ragazza di Latina che successivamente si ammalò di altre diverse patologie - dice l'avvocato - ora verificheremo se queste successive malattie siano connesse o comunque siano state aggravate dall'epatite C».  

Soprattutto sarà verificato se il decesso della donna del 2014 sia stato causato o concausato dall'epatite o quantomeno sia stato accelerato o anticipato dall'infezione che, per la sentenza del Tribunale di Roma, poteva essere evitata: «Nel caso - conclude Mattarelli - sarà intrapresa una ulteriore causa per far ottenere alle eredi un ulteriore risarcimento per i danni da omicidio colposo».

Il legale si sofferma, inoltre, sull'innovazione dal punto di vista giuridico della sentenza odierna che «accogliendo la nostra  tesi dispone che l'importo degli interessi legali deve essere calcolato dal tempo delle trasfusioni   e non da quello che la prassi giudiziaria italiana fissa nella manifestazione del danno che nel caso della donna di Latina è il 2010». 
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