Sotto chiave i beni della famiglia Tripodo: la Finanza sequestra un patrimonio di 3 milioni di euro

Sotto chiave i beni della famiglia Tripodo: la Finanza sequestra un patrimonio di 3 milioni di euro
di Barbara Savodini
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Giovedì 30 Marzo 2017, 10:34
FONDI - Un patrimonio sproporzionato e incongruente rispetto ai redditi dichiarati: sono partite da questo emblematico spunto le indagini dei finanzieri del Comando Provinciale che hanno portato, questa mattina, al sequestro di un patrimonio di tre milioni di euro. A finire sotto chiave i beni di Carmelo Giovanni Tripodo e della sua famiglia. Le investigazioni, come spiegato dalle Fiamme Gialle in una nota, fanno seguito alle celeberrime inchieste Damasco e Damasco 2, entrambe dirette dalla Dda di Roma. Tripodo, arrestato nel 2009 e gravato sin dal 1983 da significativi precedenti di polizia per associazione a delinquere finalizzata al sequestro di persona a scopo di estorsione, violazioni alla normativa sugli stupefacenti e in materia di armi e usura, è stato dunque colpito, a distanza di qualche tempo dalla condanna in secondo grado, da un ingentissimo sequestro. Congelati, con provvedimento emesso dal tribunale di Latina lo scorso 10 marzo, aziende e beni relativi a 4 società nel settore delle pulizie e del trasporto merci, 15 fabbricati, 9 terreni tutti siti a Fondi, 4 autovetture, 13 autocarri, ma anche azioni e rapporti bancari, postali e assicurativi.

«Tripodo – si legge più nello specifico nella nota della Finanza - quale vertice di una struttura mafiosa operante nel basso Lazio, finalizzata ad acquisire la gestione ed il controllo di attività economiche e commerciali, anche avvalendosi del condizionamento operato all’interno del Comune di Fondi negli anni passati, è riuscito ad imporre le logiche mafiose in un territorio molto distante dalla Calabria. Anche per tali fatti, nel giugno 2013, la Corte D’Appello di Roma condannava il Tripodo alla pena di 10 anni di reclusione in quanto ritenuto responsabile - tra l’altro - del reato associativo di cui all’art. 416 bis. All’esito degli accertamenti, l’Autorità Giudiziaria capitolina richiedeva al Tribunale di Latina, ai sensi del Codice Antimafia, l’emissione di apposito decreto ablativo nei confronti del boss nonché dei relativi familiari». 
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