«Solo vini naturali da vigne recuperate», la sfida di "Sete" nella valle dell'Amaseno

«Solo vini naturali da vigne recuperate», la sfida di "Sete" nella valle dell'Amaseno
di Vittorio Buongiorno
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Domenica 24 Aprile 2022, 10:07

Il 22 aprile è stata celebrata in tutto il mondo la Giornata della Terra, una data scelta dalle Nazioni Unite per promuovere la salvaguardia del nostro pianeta con l'impegno tra l'altro a non usare prodotti chimici dannosi, a tutelare gli habitat naturali e la biodiversità. Quindi è l'occasione per ricordare il progetto avviato a Priverno e più in generale nella Valle dell'Amaseno da tre giovani - Arcangelo Galuppi, Emiliano Giorgi e Martina D'Alessio - che hanno dato vita all'Azienda Agricola Sete decidendo di produrre solo vini naturali. «Abbiamo recuperato vecchie vigne in un'area dove la viticoltura non è mai stata sviluppata - racconta Emiliano Giorgi - Questo ci ha permesso di trovare suoli incontaminati, terreni con un potenziale importante utilizzati da sempre per una agricoltura di sussistenza».

Emiliano Giorgi al lavoro in vigna


Emiliano che sta per compiere 40 anni ad un certo punto ha mollato tutto e si è lanciato con i suoi amici in questo progetto. «Vivevo a Roma, sono laureato in comunicazione d'impresa, avevo un lavoro, un contratto a tempo indeterminato ma non ero felice» racconta. Dopo un'esperienza in una azienda vinicola sul Lago di Bolsena Emiliano si è lanciato. «Abbiamo unito le forze e deciso di fare il vino solo con l'uva». Detta così è una frase che fa sorridere, in realtà è il cuore del progetto. «Facciamo il vino con fermentazioni spontanee e non utilizziamo lieviti. Abbiamo l'ambizione in questo modo di far esprimere al massimo il territorio, con un lavoro agronomico pulito, senza fitofarmaci, con fermentazioni spontanee. Noi non usiamo nemmeno i solfiti. E' chiaro che il vino ha un ciclo di vita diverso, ma se lavori con uve pulite e sane si autoconserva».
Ne viene fuori un vino unico. «Nel senso che ogni annata diversa e anche che un vino così non lo fa nessuno», spiega Emiliano.

Tutto è cominciato con il recupero di vigne abbandonate. «Siamo partiti da zero.

Prima compravamo le uve, poi abbiamo preso in affitto diverse vigne, l'anno scorso abbiamo comprato il primo terreno». Ed è una storia che viene raccontata, passo passo, anche attraverso le etichette dei vini. Ad esempio ce nè uno che si chiama Nfrascato. «Qui da noi vuol dire miscelato. Noi avevano la fissa di fare monovitigni in purezza, poi uno degli anziani del posto ci ha detto ma se lo'nfraschi con il Moscato è ancora più buono. Così è nato quel vino».


«Adesso gestiamo tre ettari e mezzo di vigna divisa in dodici particelle». Tutti vini nati da vitigni autoctoni come Ottonese (che nel Lazio è conosciuto come Bombino bianco), la malvasia puntinata, il trebbiano, il moscato. «E abbiano tante etichette diverse perché valorizziamo i vari appezzamenti di terreno. Facciamo un vino vivo, in continua evoluzione, tendiamo a immaginare come se i vini avessero una propria identità anche visiva». E l'azienda sta crescendo. «Esportiamo l'80% del vino che produciamo. Lo scorso anno 38 mila bottiglie» racconta Emiliano. Utilizzando canali indipendenti, distributori in Italia, in Europa e perfino in Australia che hanno creduto nel progetto e che puntano su vini così. «Ora il nostro sogno è di costruire una cantina in vigna» spiegano i tre amici. Oggi vinificano praticamente in paese, a Priverno, in via del Falzarano. Ed è qui che ogni anno arrivano i volontari dell'associazione Wwof per la vendemmia. «Viviamo il vino come progetto culturale e sociale. Lo facciamo per noi ma anche per il territorio. Rispetto a 5 o 6 anni fa si le cose si stanno muovendo. La nostra è una sfida, abbiamo fatto una scelta combattuta ma siamo supercontenti».
Vittorio Buongiorno
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