Intervista all'architetto Cefaly: «La città è incompiuta, riempiamola di idee»

L’architetto interviene nel dibattito aperto dal presidente Ance. «Servono soluzioni di valenza collettiva e progetti utili come le piazze d’acqua»

L'architetto Pietro Cefaly
di Vittorio Buongiorno
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Lunedì 20 Maggio 2024, 23:50 - Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 12:58

LA DISCUSSIONE

Pierantonio Palluzzi ha lanciato il classico sasso nello stagno del dibattito cittadino sul futuro del centro storico. La sindaca Matilde Celentano gli ha risposto piccata, dicendo in sostanza che l’amministrazione comunale è al lavoro da tempo su questi temi. Per stimolare il confronto e per evitare il rischio che non se ne parli più e che nulla cambi nel prossimo futuro abbiamo chiesto a chi il centro di Latina lo conosce a menadito, lo ha studiato, ne ha curato una guida preziosa alle architetture e ai progetti, di alimentare la discussione. Lui è Pietro Cefaly, architetto (anche se lui dice di sé «io pratico l’architettura»), fondatore dell’isituto di cultura urbana “Casa dell’architettura”.
 

Ha qualche consiglio da dare per non far morire anzitempo una discussione che sembra promettente?

«Per dare risposte alla città bisogna prima averla studiata».

Quindi siamo nel posto giusto.

«La Casa dell’architettura c’è da 27 anni, abbiamo coperto un vuoto. Il 3 gennaio è morta Serena Colasanti a 41 anni, l’autrice di un insuperato studio sulle case popolari di Latina che stiamo per ripubblicare. Il nostro spirito è questo: studiare per capire».

Applichiamo il concetto al centro di Latina. Cosa manca e cosa ci dovrebbe essere.

«Partiamo da un presupposto. Le cose che ha detto Pierantonio Palluzzi sono interessanti e in larga parte condivisibili. Ma io credo che sia necessario, lo è sempre quando si affronta un problema, farlo in un modo metodologicamente corretto. E dunque la domanda a cui rispondere è: cosa mi può servire?».

Lo dica lei.

«Partiamo da un edificio di cui si sta parlando molto in questo periodo. Dell’ex Banca d’Italia che il Comune ha appena acquistato. Sento ipotesi fantasiose sul suo futuro utilizzo. Io credo vada destinata a un uso che abbia un valore collettivo. Penso all’Archivio di Stato. Dove un tempo si conservavano i soldi, ora possiamo conservarci i documenti della città. Non certo metterci lo sportello dell’Anagrafe».

La Pinacoteca?

«Sì, cose di questo tipo».

Palluzzi ha detto che intervenire su Latina è più facile che altrove.

«Siamo una città giovane. E, soprattutto in centro, incompleta. Siamo la città degli spazi irrisolti. Il primo, il più macroscopico è dove ci troviamo adesso».

Spieghiamo: la Casa dell’Architettura si trova alle spalle del Ruspi dove l’architetto Stirling aveva pensato di realizzare la biblioteca e dove fu fatto invece un parcheggio.

«Su questo spazio alla Casa dell’Architettura abbiamo idee abbastanza chiare: deve diventare un Kulturforum come a Berlino. Un altro spazio emblematico è il parcheggio a fianco del Liceo Classico».

Ma come ci si arriva a capire come riempire i vuoti?

«Con l’urbanistica. Piccinato l’aveva chiarissimo il concetto, l’urbanistica è la mediazione di interessi diversi».

Ma si può immaginare un centro senza auto?

«Anche io non ci voglio i parcheggi. Lo dico da tempo, da quando all’inizio degli anni 90 realizzammo il progetto della Casa della Cultura dove c’era una piazza sopraelevata che collegava i capannoni dell’ex Consorzio Agrario con il parco cittadino con sotto i parcheggi».

Parcheggi interrati, dunque. E poi?

«Mi interessa l’aspetto teorico del problema, un progetto che sia utile per la città. Viviamo in un periodo di cambiamenti climatici, di surriscaldamento, di inondazioni. Allora dico: sfruttiamo le opportunità di un progetto per il nostro centro storico».

Qualche esempio?

«In Olanda ci sono le piazze d’acqua, ad esempio. L’estate sono anfiteatri, spazi aperti, l’inverno quando piove troppo si possono allagare ed evitare che i canali esondino. E’ a questo che servono i progetti. Non è una questione di stile, la necessità deve condizionare le soluzioni, dobbiamop usare il cervello».

Ci dice 5 cose che secondo lei servono al centro della città?

«La prima cosa è la gente.

Il centro è spopolato, bisogna trovare il modo di ripopolarlo. Secondo, la mobilità: trovare il modo di farci arrivare le persone, non penso tanto alle strade quanto alle vie d’acqua e alle ciclabili. Terzo, la contemporaneità, funzioni che creino economia oggi. Quarto, il verde. Gli studenti inglesi arrivati per la nostra masterclass sono rimasti stupiti degli spazi a disposizione dove spargere il verde, portare le piante significa anche ricreare la biodiversità. Direi che può bastare così».

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