"Trascinenne le catene se ne vavo gli saccuni, ecco Cristo crocifisso mmeso agli belladruni". Una filastrocca che si insegna ai bambini e che descrive uno dei più antichi riti della tradizione pasquale a Priverno, vecchia di secoli: la processione del Venerdì santo.
Dalla cattedrale di Santa Maria Assunta anche ieri sera sono usciti per la Via Crucis con la croce e il Cristo morto i "sacconi", una confraternita di incappucciati bianchi, accompagnati da due "anime nere" il cui arrivo è preceduto dall'inquietante rumore di catene in ferro struscianti sul selciato. Sono ex carcerati, condannati o persone che decidono di voler fare questo percorso di espiazione che non è solo interiore, ma anche fisica. Nella lunga processione, partita puntuale alle 20.30, hanno camminato scalzi e incatenati, portando una croce sulle spalle. In passato anche dei detenuti anonimi, in segno di penitenza, si sono offerti di compiere questo cammino, accompagnati da due carabinieri, gli unici che ne conoscevano l'identità. "Nessuno sa chi siano queste persone racconta la sindaca Annamaria Bilancia solo il parroco le conosce, a lui si rivolgono per poter interpretare i sacconi neri per poter compiere il loro percorso interiore di rinascita. Un ruolo che implica anche resistenza fisica, dovendo percorrere a piedi nudi tutti i vicoli del paese, secondo una liturgia che si pensa risalga al XV secolo".
Inutile chiedere alla parrocchia informazioni sui sacconi. "Neanche tra di loro si conoscono, si cambiano in luoghi separati e arrivano già incappucciati", rivela un membro della Confraternita di Maria Santissima Assunta.
La processione ha sfilato tra i fedeli che hanno fatto ala al passaggio del "Cataletto" con il Cristo deposto al grido di "Misericordia Signore", della lunga teoria di "vedove" con il lutto e bandiere nere, dell'Addolorata, dei sacconi bianchi e della banda musicale. Un rito che appartiene ai residenti, senza turisti né curiosi.