Processo Don't touch, i giudici si sono ritirati: sentenza attesa per le 18

Processo Don't touch, i giudici si sono ritirati: sentenza attesa per le 18
di Elena Ganelli
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Venerdì 24 Giugno 2016, 11:38 - Ultimo aggiornamento: 12:44
LATINA - I giudici si sono ritirati in Camera di consiglio alle 11,30, la sentenza del processo Don't touch è attesa per le 18. Questa mattina hanno terminato gli interventi le difese, i sostituti procuratori non hanno replicato, quindi i giudici si sono ritirati.
Ieri gli interventi degli avvocati hanno occupato l'intera giornata nel processo al Tribunale di Latina che sta giudicando con rito immediato Gianluca Tuma, Costantino Di Silvio, Riccardo Pasini, Davide Giordani, Fabio Di Lorenzo, Angelo Morelli, Dario Gabrielli, Fabrizio Marchetto Alexander Prendi, Alejandro Bortolin, Adrian Costache e Ionut Necula. In aula gli avvocati degli imputati hanno cercato di smontare l'impianto accusatorio e gli elementi raccolti dagli investigatori della Squadra Mobile di Latina e dai pubblici ministeri Luigia Spinelli e Claudio De Lazzaro con particolare riferimento all'esistenza di un'associazione a delinquere operante sul territorio del capoluogo pontino. Ad aprire gli interventi Amleto Coronella, difensore di Di Lorenzo, il carabiniere accusato di avere passato informazioni al gruppo criminale relativamente a operazioni in corso. Poi è stata la volta degli avvocati Zeppieri e Tognozzi, difensori di Gianluca Tuma, che hanno incentrato la loro arringa sulla situazione delle diverse società riconducibili all'imputato, poste sotto sequestro ad ottobre scorso e delle quali i pm hanno chiesto la confisca. «Da parte di Tuma non c'era alcuna volontà di sottrarsi alle richieste misure di prevenzione di natura patrimoniale - hanno sottolineato - e gli elementi per ritenere l'imputato partecipe dell'associazione a delinquere sono insussistenti così come non esistono prove che i soldi delle società che a lui vengono ricondotte finissero nell'associazione, o viceversa».

Nessun bene da nascondere dunque e nessun coinvolgimento nel gruppo, circostanze sulla base delle quali è stata chiesta l'assoluzione da tutti i reati. Hanno contestato pesantemente il capo di imputazione e gli elementi raccolti per provare l'esistenza del gruppo criminale organizzato anche Gaetano Marino e Angelo Palmieri, legali di Costantino Di Silvio, considerato uno dei capi. «L'accusa - hanno sottolineato - non spiega come e quando è nata l'associazione e non fornisce riscontri concreti così come non fornisce dettagli sulla eventuale riunione dei componenti. Di Silvio è intervenuto soltanto per dirimere situazioni che coinvolgevano componenti della sua famiglia». Un passaggio è stato poi dedicato ai rapporti con alcuni commercianti del centro dove l'imputato, oltre che alcuni parenti, si riforniva di capi di abbigliamento senza pagare: secondo la difesa i titolari dei negozi non sono mai stati minacciati e i loro timori, ha sottolineato la difesa, erano conseguenti soltanto a «voci di popolo». Infine la situazione di Toselli, che aveva segnalato di essere stato minacciato per un prestito non restituito ma che, secondo la difesa di Cha Cha, non avrebbe mai firmato la denuncia. Insomma Di Silvio non era il leader dell'organizzazione, circostanza per la quale ne hanno chiesto l'assoluzione. L'udienza è stata poi aggiornata a questa mattina per ascoltare prima l'ultima arringa, quella dell'avvocato Oreste Palmieri - difensore di Giordani - poi le eventuali repliche dei pubblici ministeri che hanno chiesto undici condanne per quasi 72 anni di carcere. Poi il Tribunale entrerà in camera di consiglio e in serata dovrebbe uscirne con la sentenza.