Olimpia, inchiesta chiusa: in 40 rischiano il processo

Olimpia, inchiesta chiusa: in 40 rischiano il processo
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Sabato 2 Settembre 2017, 09:09 - Ultimo aggiornamento: 16:49
Quaranta indagati e due associazione a delinquere delle tre contestate in origine. Il pm Giuseppe Miliano ha chiuso l'inchiesta Olimpia, la più clamorosa e controversa degli ultimi decenni con l'arresto di un ex sindaco, di ex amministratori, dirigenti, funzionari, professionisti e imprenditori, con la richiesta di autorizzazione a procedere per un parlamentare e poi con il colpo di scena dell'annullamento da parte del Tribunale del Riesame dell'ordinanza di custodia cautelare e della scarcerazione in massa degli indagati. Le difese all'epoca avevano auspicato una celere archiviazione ma così non è stato, anzi. Il pm Miliano ha lasciato intatta l'impostazione generale dell'inchiesta rinunciando solo all'associazione a delinquere relativa alla piscina comunale e mantenendo l'accusa per le vicende relative a Stadio e Latina Calcio e all'Urbanistica. Una prova di forza per una vicenda che sembra risalire a secoli fa, mentre sono fatti relativi al 2014.

LO STADIO
L'associazione a delinquere era, per il pm, «finalizzata a commettere plurimi reati contro la pubblica amministrazione e in particolare delitti di abuso in atti d'ufficio, concussione, turbata libertà degli incanti, tutti destinati a far conseguire illeciti vantaggi di natura patrimoniale e non alla società Latina Calcio». Sette gli indagati a cui è stata contestata. L'ex sindaco Giovanni Di Giorgi, secondo l'accusa, socio di fatto della locale squadra di calcio» avendo sottoscritto fideiussioni a garanzia per l'iscrizione al campionato e «operando all'interno dell'assetto societario con funzioni decisionali»), insieme a Pasquale Maietta, parlamentare della Repubblica nelle fila di Fratelli d'Italia e all'epoca presidente del Latina Calcio (la società andata fallita) e con un passato di assessore al Bilancio del Comune capoluogo; Paola Cavicchi, come Maietta, nella qualità di socia e proprietaria della compagine sportiva; Rino Ventura Monti, dirigente del Comune (l'unico per il quale il Riesame aveva disposto una interdizione di un anno daui pubblici uffici); Elena Lusena (all'epoca in qualità di dirigente al Patrimonio) e Nicola Deodato, dipendente comunale addetto alle manutenzioni.

I FAVORI
Otto gli episodi contestati che, oggi, letti in sequenza fanno un certo effetto. Secondo l'accusa infatti vennero distratti 400 mila euro della ristrutturazione dell'Albergo Italia per ampliare lo stadio, venne omesso (né fu mai richiesto) il pagamento di canoni di affitto dello stadio per 313 mila euro, autorizzarono lavori per 46 mila euro per rifare il manto erboso alla Fulgorcavi (dove il latina si allena) distraendoli da altri capitoli di spesa; autorizzarono l'ampliamento «in contrasto con le previsioni del Ppe » con il quale «l'area dello stadio veniva destinata a verde pubblico», un passaggio che il dirigente Monti non poteva non conoscere risultando «istruttore tecnico e redattore delle Norme tecniche di attuazione» di quel piano, riducendo l'area dello stadio da 4 a tre ettari per «far posto» a due edifici di proprietà comunale per 9 mila metri cubi; ma anche predisponendo il falso certificato di collaudo delle due curve ospiti dello stadio e infine autorizzando lavori di manutenzione a una ditta «previ accordi preventivi e clandestini». Tutto ciò per procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale al Latina Calcio, la società di Pasquale Maietta.
Ma non è tutto. Per lo stadio vengono anche contestate le accuse di estorsione a Maietta per il pressing su Deodato («Ma che vuoi fare la guerra a me?») per ottenere un gruppo elettrogeno; e di abuso a Maietta, Alfio Gentili, Rino Monti e Nicola Deodato per aver affidato lavori in barba alle norme per 467 mila euro.

L'URBANISITCA
Anche la seconda associazione a delinquere viene contestata a sette persone (indagati in entrambe sono l'ex sindaco Giovanni Di Giorgi e il dirigente Rino Monti). In questo caso l'articolo 416 del codice penale (e in particolare i commi 1, 2 e 3) insieme a Giuseppe Di Rubbo, all'epoca assessore all'urbanistica; Vincenzo Malvaso «consigliere comunale e presidente della commissione urbanistica» (anche se in realtà ne era solo componente e ne presiedette una, importante per l'inchiesta, solo in sostituzione); il dirigente Rino Ventura Monti, il funzionario Luigi Paolelli, l'architetto Luca Baldini «tecnico privato di riferimento di costruttori-imprenditori locali» e l'imprenditore Massimo Riccardo. Secondo il pm «attraverso la predisposizione di atti e pareri illegittimi volti a rimuovere ostacoli procedimentali al rilascio di provvedimenti amministrativi» costituivano e organizzavano «una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati di abuso d'ufficio, falso e in materia urbanistica ed edilizia.
Due in sostanza gli episodi contestati. Il famigerato verbale 104 della commissione urbanistica in cui venne approvato «la modifica del calcolo della volumetria già realizzata nei preesistenti Ppe» (escludendo androni e vani scala), permettendo così «la realizzazione di ulteriori e illegittimi volumi», un artificio secondo la Procura che consentiva «di determinare sempre e comunque un surplus di volume» ad ogni revisione dei Piani. Contestata anche l'approvazione con procedura semplificata di sei piani particolareggiati (dei quartieri Frezzotti, Prampolini, Isonzo, Podgora, Piave, Latina Scalo) con procedura semplificata malgrado si fosse in presenza di varianti sostanziali che necessitavano di approvazione in Consiglio Comunale. Per Di Giorgi anche la contestazione relativa al palazzo di Borgo Piave (per il quale Malvaso e Di Rubbo sono stati condannati in primo grado) dopo lo stralcio della sua posizione dal fascicolo originario ma solo per il reato di abuso d'ufficio e senza fare cenno alla compravendita di un appartamento di Malvaso pagato con mutuo dall'allora sindaco.

LA PISCINA
Il terzo filone di inchiesta riguarda la piscina comunale. Il pm contesta a Roberto Pellegrini e Silvano Spagnoli, rispettivamente amministratori della Nuoto 2000, il reato di truffa per l'affidamento in concessione dell'impianto sportivo (in concorso con l'allora dirigente del Comune Mario Viglialoro, poi deceduto). Nel contratto era stata inserita la clausola che poneva infatti a carico dell'ente il pagamento integrale delle utenze energetiche della piscina fino alla separazione delle stesse «trasmettendo documenti incompleti» così da impedire «il perfezionamento della separazione e procrastinando di fatto illegittimamente l'addebito esclusivo in capo all'ente pubblico», procurando un vantaggio alla società un ingiusto profitto pari a 444 mila euro, quantificato al 2014. La situazione da allora non è cambiata).

AFFIDAMENTO LAVORI
Nella gestione allegra dell'ente rientra anche l'affidamento diretto dei lavori, sistema adottato in maniera sistematica spacchettando gli appalti e assegnando lavori pubblici in assenza di qualsiasi procedura di evidenza pubblica in violazione del Codice degli appalti. Il tutto attestando falsamente l'esistenza di condizioni di urgenza in realtà inesistenti con la conseguenza di «procurare alle ditte ingiusti vantaggi patrimoniali con conseguente danno pubblico». Un filone per il quale sono indagati il dirigente Ventura Monti, l'ex dirigente Alfio Gentili, i funzionari del Comune Nicola Deodato, Claudio Petiti e Giovanni Spada, nonché gli imprenditori che per l'accusa ne hanno beneficiato, ovvero Andrea Capozzi, Sandra Capozzi, Antonio Di Girolamo , Fabrizio Montico.
Ora tutti i quaranta indagati hanno 20 giorni per produrre memorie e chiedere di essere interrogati, a quel punto il pm dovrà decidere per chi chiedere il rinvio a giudizio.

Vittorio Buongiorno
Elena Ganelli
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