Boschi: «La mia verità sulle banche. Fu Gentiloni a chiedermi di restare»

Boschi: «La mia verità sulle banche. Fu Gentiloni a chiedermi di restare»
di Barbara Jerkov
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Lunedì 18 Dicembre 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 19 Dicembre, 12:03

Sottosegretaria Boschi, lei ha sempre amato parlar chiaro. Partiamo proprio da qui, allora: lei è diventata il problema del Pd?
«Il Pd ha molti problemi, come tutti i partiti democratici europei. Ma continuo a pensare che sia l’unica speranza per il futuro del Paese contro gli estremismi M5S e della destra. E ancora oggi siamo, persino nei sondaggi negativi, il primo gruppo parlamentare della prossima legislatura. Quanto a me: vogliono far credere che il problema delle banche sia io. Ma è una strumentalizzazione tanto meschina quanto evidente. Sono un volto facile da colpire. Ma dopo due anni di ricerca ossessiva nessuno ha potuto smentire ciò che dissi in Parlamento sulle banche. E nessuno parla più di pressioni o favoritismi. La verità arriva, basta non avere fretta».

Premier e segretario hanno detto che lei verrà ricandidata senza se e senza ma. Nel Pd però tanti non sono dello stesso parere e tifano, dietro le quinte, per un suo passo indietro. Per il ministro Orlando sulla sua candidatura bisogna ragionare. Ha deciso cosa farà e dove correre?
«Sarà il Pd a decidere se e dove candidarmi. E’ una regola che vale per tutti nel nostro partito che, a differenza degli altri, decide le candidature democraticamente nei propri organi statutari».

Quella che si apre oggi è una settimana chiave per la Commissione banche. Alla luce di queste ultime settimane, pensa sia stato un errore da parte del Pd insistere perché questa commissione si svolgesse, tanto più così a ridosso della campagna elettorale?
«Il Pd per primo ha chiesto che venisse istituita la Commissione di inchiesta già alla fine del 2015. I tempi parlamentari hanno portato ad insediare la Commissione a ridosso della campagna elettorale. La Commissione sta offrendo però spaccati della storia del sistema bancario italiano degli ultimi 15 anni molto interessanti. Certo il clima da campagna elettorale rischia di far perdere ai cittadini un’occasione preziosa per fare chiarezza perché le opposizioni stanno usando la Commissione per una sorta di regolamento dei conti politico. Viene usato il mio nome, e la vicenda di Etruria, come paravento per non andare ad indagare sui veri scandali. Ma le persone perbene non hanno paura della verità. Il governo a guida Pd ha penalizzato la mia famiglia, non l’ha aiutata: mio padre è stato commissariato e mandato a casa, mio fratello si è licenziato. Dov’è il favoritismo? Ma così facendo abbiamo salvato i risparmi di migliaia di correntisti: giusto così».
 

 

L’opposizione chiede che anche lei venga chiamata a rispondere. Cosa replica?
«Deciderà il presidente della Commissione. Se riaprono le audizioni, io sono a disposizione. A me la verità non fa paura, mai».

Vegas ha parlato di un suo interessamento diretto per Etruria.
«I ricordi di Vegas mi sono sembrati stranamente selettivi. Chi ha seguito la sua audizione potrebbe stupirsi davanti a certi “Non ricordo” anche su episodi molto recenti. Ma è stupefacente che l’azione del capo della Consob di questi sette anni faccia notizia per il pranzo che mi ha offerto al ristorante a Milano e non per tutto il resto. Sette anni alla Consob e quali anni: di tutto pare restare soltanto qualche incontro con la Boschi. Chissà perché...».

Lei ha detto di avere degli sms in cui Vegas le proponeva di incontrarsi in orari e luoghi, come dire, poco istituzionali. Come mai li ha conservati tutto questo tempo? E cosa pensò, all’epoca di questo tipo di invito?
«Non cancello spesso gli sms. Ne ho quindi molti in memoria, anche con altri esponenti del mondo del credito e del giornalismo. Non solo quelli con Vegas. Dal momento che mi sembrò insolita la richiesta di vederci a casa sua alle 8 del mattino, chiesi che l’incontro si svolgesse al ministero o in Consob. Non sta a me dire perché Vegas lo propose, certo io non accettai. Quanto alla serietà istituzionale di Vegas ricordo che già indicato come capo dell’Autorità di vigilanza partecipò al voto di fiducia al governo Berlusconi. E non aggiungo altro».

Domani in Commissione verrà sentito il governatore di Bankitalia Visco: è vero che lei incontrò che il vicedirettore generale di Bankitalia Panetta? Avete parlato anche di Etruria?
«Sì, certo. Come ho parlato con Panetta più volte delle crisi di altre banche. Da MPS alle popolari venete, sia nel mio precedente ruolo che in quello attuale con il governo Gentiloni. Non so dirle con quanti altri ministri Panetta abbia parlato oltre a me, sicuramente con Renzi e con Padoan, forse con altri. Con me è sempre stato molto istituzionale. Ovviamente anche con lui, nessuna pressione ma solo il necessario scambio di informazioni. Se poi interessa posso fornire elenco dettagliato di tutto il mondo bancario che ho incontrato in quattro anni al governo, da Mustier a Miccichè, da Costamagna ai responsabili delle Banche di credito cooperativo. E raccontare le discussioni sui singoli punti, sugli emendamenti. Non ho capito però se la Commissione di inchiesta vuole discutere degli scandali bancari di questi anni o della mia agenda».

L’audizione dell’ex ad Consoli ha confermato la sua presenza, seppur silenziosa, al vertice a casa di suo padre con alcuni consiglieri di Etruria e Ad e presidente di Veneto Banca. Non pensa che la sola presenza di un ministro in carica, quale era lei nella Pasqua 2014, potesse configurare un interessamento di fatto per la vicenda?
«Quando vado a Laterina dormo a casa dei miei. Ero in casa, sono arrivati degli ospiti di mio padre, li ho salutati con educazione. Come devo dire che sono stati molto educati loro. Come ha dichiarato Consoli non ho partecipato ad alcuna riunione, non sono intervenuta ed in seguito non l’ho più visto, né incontrato. Che questa sia da tre giorni la notizia di molti giornali mi suona incredibile. E io che pensavo che gli scandali fossero altri».

Mercoledì sarà la volta di Ghizzoni. De Bortoli nel suo libro ha dato una versione di un suo incontro con l’ex Ad di Unicredit legato al salvataggio di Etruria. Lei ha sempre negato pressioni, Ghizzoni non ha mai confermato né smentito. Vuole chiarire una volta per tutte?
«Più volte ho incontrato Ghizzoni per il mio ruolo istituzionale, nel caso di specie perché da lui invitata a un appuntamento Unicredit a Milano. L’ho poi visto più volte a Roma. Con Ghizzoni abbiamo parlato del sistema bancario, non solo di Banca Etruria o Unicredit. Non ho mai fatto pressioni perché Unicredit comprasse Banca Etruria, né avrebbe potuto accettarle un Amministratore delegato di una importante banca quotata. I nostri rapporti sono sempre stati corretti. E per quello che ne so il rapporto di Ghizzoni con altri membri del governo era altrettanto corretto come ha dimostrato la vicenda di Atlante seguita direttamente dal premier Renzi e dal ministro Padoan con Ghizzoni e non solo con lui. Quanto a De Bortoli, c’è un procedimento aperto, ci vedremo in Tribunale».

Ha mai pensato che se dopo la sconfitta referendaria anche lei avesse lasciato tutta questa tempesta non si sarebbe scatenata?
«Non credo di svelarle un segreto se le dico che io per prima volevo andarmene.
Il presidente Gentiloni ha insistito perché fossi al suo fianco e ha fatto affidamento sul mio senso istituzionale. Gentiloni, non altri. Avrei voluto essere giudicata sulla base dei risultati, non delle chiacchiere e degli insulti. Su banca Etruria ho solo detto la verità, a partire dal discorso in Parlamento. E la mia famiglia non ha ricevuto vantaggi dalla mia attività istituzionale, anzi. Può qualcuno smentirmi su questo? Nessuno. E allora mi tengo stretta la verità e vado avanti. Anche se tanto odio ingiustificato fa male».

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