Verifiche in Libia per ricostruire i contatti tra la Ong e gli scafisti

Verifiche in Libia per ricostruire i contatti tra la Ong e gli scafisti
di Michela Allegri
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Martedì 2 Luglio 2019, 00:29
Il sospetto è che quella effettuata dalla Sea Watch 3 non sia stata un’operazione di salvataggio in situazione di emergenza, ma che possa esserci stata una regia più ampia: gli inquirenti vogliono stabilire se la nave della Ong tedesca, prima di caricare a bordo i 53 migranti soccorsi al largo delle coste libiche, abbia avuto contatti con gli scafisti. Per questo motivo, il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, e l’aggiunto Salvatore Vella, l’8 luglio interrogheranno di nuovo la comandante dell’imbarcazione, Carola Rackete. Si tratta di un’inchiesta parallela a quella costata alla capitana l’arresto in flagranza di reato per avere fatto ingresso nel porto di Lampedusa, violando i divieti e speronando una motovedetta della Guardia di finanza. In questo secondo fascicolo, la Rackete è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gli inquirenti la ascolteranno per ricostruire con esattezza le dinamiche della vicenda, dopo avere studiato i documenti sequestrati sulla nave della Ong, a partire dal libro di bordo e da tutte le comunicazioni - via mail, telex e audio - intercorse tra la comandante e le autorità dal momento dei soccorsi fino alla decisione entrare nel porto, sfondando il posto di blocco della polizia giudiziaria. Non è tutto. I magistrati verificheranno anche le condizioni della zona Sar libica ed effettueranno accertamenti per stabilire se la Ong abbia avuto contatti con i trafficanti di esseri umani. «Andremo a verificare se i porti della Libia possono ritenersi sicuri o meno - ha detto il Patronaggio - e andremo a vedere se la zona Sar libica è efficacemente presidiata dalle autorità della guardia costiera libica, andremo a verificare le concrete modalità del salvataggio». Lo scopo, specifica ancora il capo della procura di Agrigento, è capire «se vi sono stati contatti tra i trafficanti di esseri umani e la Sea Watch, se il contatto sia avvenuto in modo fortuito o ricercato. Tutta una serie di elementi che servono a verificare se si è trattato di un’azione di salvataggio in mare, oppure un’azione concertata».

I magistrati faranno verifiche anche sui due aerei utilizzati per le ricognizioni in mare: “Colibrì” e “Moonbird”, che sorvolano il Mediterraneo per andare alla ricerca ed eventualmente segnalare la presenza di barconi carichi di migranti. È stato proprio l’aereo “Colibrì”, il 12 giugno scorso, a comunicare alla Sea Watch 3 la presenza del gommone con a bordo i 53 migranti finiti al centro dell’ultimo scontro internazionale e politico. Il salvataggio è stato effettuato in acque internazionali, a circa 47 miglia dalle coste libiche, in zona Sar di Tripoli. Dalla nave della Ong tedesca parte una segnalazione che viene inoltrata ai centri di coordinamento dei soccorsi in mare di Italia, Malta, Olanda e Libia. Poi, la Rackete si dirige verso il barcone. Alle 11,53 la Guardia costiera libica invia alla nave della Ong una comunicazione via mail con cui dichiara di assumere il coordinamento dell’operazione. Ma la Sea Watch 3 procede comunque al salvataggio. Al termine dei soccorsi, arriva una motovedetta libica, che si allontana senza dare nessuna indicazione alla comandante. «La motovedetta risultava montare una mitragliatrice a prua», si legge nell’esposto presentato dalla Ong alle procure di Agrigento e Palermo. Ora, gli inquirenti dovranno verificare se la ricostruzione dei fatti esposta dalla capitana e dall’equipaggio sia credibile.
 
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