Professionista deve riconoscere la figlia di colore dopo 24 anni: la lunga battaglia legale e il risarcimento (da 60mila euro)

Il caso a Padova: l'uomo oggi ha 74 anni

Professionista deve riconoscere la figlia di colore dopo 24 anni: la lunga battaglia legale e il risarcimento (da 60mila euro)
di Serena De Salvador
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Sabato 29 Luglio 2023, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 08:32

PADOVA - Dopo una lunga battaglia legale, il verdetto è arrivato: la ragazza senegalese che per anni ha insistito per essere riconosciuta come figlia di un noto professionista della città del Santo ha visto sancita la paternità da parte del Tribunale di Padova. L’uomo, oggi 74enne, per la legge è il padre della giovane, come ha dimostrato il test del dna. La sentenza emessa al termine della causa civile intentata dalla giovane è stata depositata nei giorni scorsi.
«Non ne faccio una questione di soldi. Mi sono sempre arrangiata e sarà così anche in futuro» aveva dichiarato lei stessa a Il Gazzettino. Tanto che ha accettato di non avere un mantenimento bensì un risarcimento una tantum, pattuito in 60mila euro, che si aggiungono ai 40mila che il Tribunale ha stabilito di far versare alla madre, al tempo del concepimento sposata con il padovano con rito religioso musulmano.

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La vicenda

La recente sentenza ha dunque riconosciuto la paternità dell’uomo, ponendo fine a una lunga battaglia giudiziaria cominciata più di tre anni fa. Jeannette (nome di fantasia per tutelarne l’identità) non era ancora maggiorenne quando ha iniziato a inviare al professionista padovano alcuni messaggi via internet. Lei – che a 15 anni aveva raggiunto l’Europa stabilendosi a Nizza, in Francia, dove ha studiato marketing all’università – nel 2019 era anche venuta a Padova, piazzandosi per diversi giorni nel bar di fronte allo studio del 74enne nella speranza di incontrarlo e parlarci. Tutto ciò però non è mai accaduto e alla giovane donna non è rimasto altro che rivolgersi a un tribunale per veder riconosciuta la loro parentela. «Conosco la sua identità da quando avevo due anni – ha raccontato la 24enne –, la mamma mi ha raccontato della loro storia d’amore. Quando si sono conosciuti lei aveva appena 21 anni». L’uomo all’epoca avrebbe effettuato molti viaggi a Dakar, in Senegal, conoscendo la donna che aveva poi sposato con un rito religioso musulmano dopo essersi convertito.

Il riconoscimento civile dell’unione in Africa però non c’è mai stato, quindi il matrimonio non era ritenuto valido in Italia.

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L'iter

Secondo quanto riferito da Jeannette in sede processuale, l’uomo avrebbe sempre saputo di avere una figlia perché la madre della giovane (che nel frattempo si è stabilita in Spagna dove lavora come badante) già all’epoca della nascita gli aveva inviato fotografie, documenti, l’atto di nascita e il certificato di matrimonio.
Diversa è invece stata la tesi difensiva del professionista, che ha sempre sostenuto non di aver negato la paternità, bensì di non essere mai stato informato dalla ex moglie della gravidanza, tanto da aver annunciato l’intenzione di citarla in giudizio proprio per questo motivo.
Lo scorso febbraio è stata disposta la perizia medico legale sul dna che ha analizzato i campioni prelevati dal 74enne, dalla 24enne e dalla madre di quest’ultima. L’esame, eseguito a Padova, ha stabilito un’affinità del 99,7% tra il professionista e la ragazza al termine della comparazione a tre. In quell’occasione i tre si erano incrociati nei laboratori dell’Istituto di medicina legale dell’Università ma, nonostante l’ennesimo tentativo da parte della ragazza, non c’erano stati contatti. Padre e figlia si sono poi rivisti in aula per la lettura della sentenza, durante la quale il giudice Federica Di Paolo ha sancito la validità del test del dna e stabilito l’importo del risarcimento: 60mila euro alla figlia e 40mila all’ex moglie a fronte dei 200mila chiesti dalle due donne.

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