Mamma a 11 anni, condannato il vicino che l'ha violentata nel cortile di casa: choc a Varese

il neonato è affidato al Tribunale dei minori

Mamma a 11 anni, condannato il vicino che l'ha violentata nel cortile di casa: choc a Busto Arsizio
di Claudia Guasco
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Lunedì 2 Ottobre 2023, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 09:08

Inconsapevole, incapace di reagire, una preda senza difese. A undici anni non era in grado di spiegare cosa fosse successo, solo che «era una cosa brutta», né tantomeno immaginare le conseguenze di quegli abusi. E cioè che il mal di pancia di cui soffriva non era un’influenza, ma una gravidanza. Lo hanno scoperto i medici del pronto soccorso, sconcertati di fronte agli esiti dell’ecografia, le indagini dei carabinieri hanno svelato una verità che è un abisso: un giovane di 27 anni ha violentato una bambina di 11, lei è rimasta incita e ha avuto un figlio. Che non ha mai visto, perché è stato dato in affido. Mentre lei cerca di riappropriarsi della sua vita in una comunità protetta, seguendo un complicato percorso psicologico.

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LA CONDANNA
 

Il padre biologico del neonato è stato arrestato ad agosto 2022, nei giorni scorsi il gup di Busto Arsizio Veronica Giacoia lo ha condannato a dieci anni di reclusione e 80 mila euro di provvisionale, una pena superiore a quella richiesta dal pubblico ministero Flavia Salvatore.

L’uomo, durante il processo, ha chiesto di intervenire per mostrare il suo pentimento: «Mi dispiace», ha detto. Del resto non poteva negare, i risultati degli esami del Dna sono inequivocabili, o tentare di giustificarsi in qualche modo: ha attirato la bambina in trappola e per due volte ha abusato di lei. A fare da sfondo un gruppo di case popolari della provincia di Varese, è l’autunno del 2021. La bambina gioca in cortile con alcuni coetanei, il ventisettenne la vede e si avvicina. È facile carpire la sua fiducia, lui è un amico di famiglia e vicino di casa, la piccola lo conosce bene e quando la invita a seguirlo in un locale poco distante lei non si preoccupa e accetta. Non percepisce la gravità di quell’approccio, per lei il ventisettenne è un volto familiare e non ha nulla da temere. Il giovane la violenta una prima volta, poi un’altra. Il cuore della bambina è colmo di angoscia, il suo disagio è forte e non riesce a esternarlo, però da quel momento si rifiuta di seguirlo di nuovo. Non si confida con nessuno, anche perché ha solo una percezione confusa di ciò che le è accaduto, non ha la maturità psicologica per affrontarlo né la capacità lessicale per esprimerlo. Forse la bimba sarebbe rimasta una delle sommerse dalla violenza, se non fosse per la gravidanza. Qualche mese dopo accusa dolori lancinanti alla pancia e come tutti i bambini non sa nemmeno descriverli bene. I genitori la portano al pronto soccorso, i medici pensano a un disturbo dell’intestino o a un’appendicite, la sottopongono a un’ecografia e scoprono che è incinta. Avvertono subito i carabinieri, che con tutte le cautele del caso cominciano dall’inizio. Parlando con la vittima.
 

IL RACCONTO
 

L’undicenne viene ascoltata in audizione protetta in una camera dell’ospedale, con il suo linguaggio smarrito ed esitante racconta dei due incontri nel cortile con l’amico dei genitori, del luogo in cui lui la portava, di ciò che le faceva. Riferisce tutto con la fragilità dei suoi undici anni, rivelando il malessere che da mesi la soffocava. Il parto è programmato per luglio 2022, un cesareo per evitare alla mamma un ulteriore trauma, e al neonato viene immediatamente fatto l’esame del Dna che conferma la paternità. La bambina non ha mai visto suo figlio e probabilmente non lo abbraccerà mai, il caso è affidato al Tribunale dei minori che valuta con ponderatezza ogni decisione con la priorità di tutelare l’undicenne e il piccolo. Ora ha 14 mesi ed è accudito da una coppia affidataria mentre la mamma è in una comunità e da poco, con il supporto dei servizi sociali, ha incontrato i genitori, ritenuti non idonei a prendersi cura di un minore. Come le cugine di Caivano o le sorelline stuprate a Monreale, il vuoto sociale ha trasformato l’undicenne in una bimba facile da catturare. Dal rapporto del Servizio analisi criminale emerge che nel 2021 le vittime minorenni di violenza sessuale sono state 714 e il 38% aveva un’età inferiore ai 14 anni, i casi di violenza sessuale aggravata sono stati 618 e il 58% riguardava la medesima fascia di età. «L’adulto - sottolinea l’analisi - è in grado di esercitare la propria superiorità attraverso un naturale ascendente nei confronti del minore, che invece non è, quasi mai, in grado di valutare correttamente il senso e le conseguenze delle “attenzioni” che gli vengono rivolte, anche per il rapporto di fiducia, nella circostanza evidentemente malriposta che spesso esiste tra vittima e carnefice».

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