Lazio, si sciolgono gli ultrà Irriducibili: «Ma la morte di Diabolik non c'entra»

Lazio, si sciolgono gli ultrà Irriducibili: «Ma la morte di Diabolik non c'entra»
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Giovedì 27 Febbraio 2020, 13:16 - Ultimo aggiornamento: 13:59

«Momenti esaltanti, difficili, giorni felici e tristi. Momenti che ci hanno fatto sentire vivi in un mondo di morti. Tutto è iniziato quell'ormai lontano 18 ottobre 1987, quando, in un tranquillo Lazio-Padova, apparve sulle gradinate dello Stadio Olimpico lo striscione Irriducibili». Così gli Irriducibili ricordano la loro nascita nel giorno in cui si sciolgono dopo 33 anni. «10 metri di stoffa, scritta bianca, sfondo blu. Un nome che diventerà ben presto il nostro simbolo. Il nostro guanto di sfida al mondo intero». L'attuale capo ultras degli Irriducibili Franco Costantino, noto negli ambienti della tifoseria laziale come Franchino, commenta così. «Una decisione sofferta - dice - ma no, la morte di Fabrizio (Piscitelli Diabolik, ndr) non c'entra».

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Difficile però non collegare, anche solo indirettamente, lo scioglimento del gruppo alla vicenda di sangue di Diabolik, morto lo scorso agosto in un agguato al parco degli Acquedotti di Roma. Lui è è stato lo storico ultrà a capo degli Irriducibili. Adesso però si volta pagina e 
«la curva nord si unirà dietro un unico striscione che col nome di Ultras Lazio. È molto nel nostro stile, in fondo, dove scappano tutti noi torniamo alle nostre origini identificandoci come Ultras Lazio».

«Il corteo di San Benedetto del Tronto è ancora vivo nelle menti di tutti. Le trasferte di Bergamo, Brescia, Napoli e Catanzaro tra tutte, lo scudetto conquistato a via Allegri, gli scontri con le altre tifoserie, le rivalità. Le iniziative benefiche e la solidarietà», spiegano nel comunicato. «Irriducibili ha voluto esprimere la nostra volontà di non piegarci a nessun compromesso, al sissignore e al politicamente corretto. Non siamo cani perché senza padrone! Non siamo sciolti, Irriducibili ci unisce
», recita uno striscione dei primi anni. Un monito da tramandare di generazione in generazione, da padre in figlio. Ma ora è tempo di andare avanti. Troppo sangue versato, diffide, arresti. Sempre a testa alta, abbiamo pagato sulla nostra pelle ogni situazione. Ed anche per rispetto di chi non c'è più siamo arrivati a questa decisione. Inevitabile», aggiungono.  «Ci sentiamo in dovere di ringraziare tutti. Ogni singolo componente che ha fatto parte del gruppo in questi trentatré lunghissimi anni. Sempre presente malgrado tutto. Dai fondatori, ai partecipanti. Da chi ci ha lasciato troppo presto, a chi combatte ancora con orgoglio.

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