Filippo Turetta, cosa hanno trovato nell'auto? La fuga finita per fame: resti di cibo tra i sedili e soste lontano dalle telecamere

Per una settimana ha evitato ristoranti e supermercati: ha comprato acqua e alimenti ai self-service

Filippo Turetta, fuga finita anche per fame: resti di cibo tra i sedili e soste lontano dalle telecamere
di Nicola Pinna
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Lunedì 20 Novembre 2023, 22:34 - Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 11:55

C’erano anche resti di cibo nella Punto nera rimasta senza benzina. Le briciole di quei pochi alimenti che Filippo Turetta ha dovuto centellinare per campare una settimana esatta. Merendine, forse panini imbottiti o tramezzini. Qualcosa che aveva portato con sé già prima di uccidere Giulia e di iniziare la folle fuga e qualcos’altro che invece ha comprato nel corso di una corsa senza meta e senza un itinerario preciso.

Si è fermato giusto davanti a qualche distributore automatico, nel corso del suo giro tra Veneto, Austria e Germania, attraversando paesini di montagna e anche lunghi tratti di autostrada.

Il tempo e la sfrontatezza di entrare al bar o in un ristorante, da quel poco che gli investigatori hanno ricostruito finora, non sembra averli avuti. Di una sosta in una struttura ricettiva nelle annotazioni della polizia giudiziaria non c’è traccia. Ha dormito poco e questo, il ventiduenne che per un settimana è stato il più ricercato d’Europa, lo ha anche raccontato ai poliziotti tedeschi che all’alba di domenica l’hanno trasferito in carcere. 

Filippo Turetta, la fine della fuga


È stata il nascondiglio perenne, un po’ camera da letto e un po’ anticamera della prigione, quella macchina che sfrecciava sotto le telecamere di sorveglianza, intercettata più volte dai sistemi di controllo delle targhe. 


LE FERMATE
Ma le soste sono state brevi, anche per approfittare del buio e della scarsa presenza di altre macchine lungo le strade. Sedile abbassato, ma non sempre, finestrino chiuso e sportelli chiusi dall’interno. Un hotel che lo abbia ospitato, al momento, non risulta, ma non è escluso che almeno i primi giorni una sosta sia stata fatta in un affittacamere o un bed and breakfast clandestino, o almeno di quelli che non comunicano scrupolosamente i nomi degli ospiti alle autorità. Il nodo resta sempre quello di un amico o di un complice che possa aver aperto le porte di una casa di montagna. 

 


SENZA SCORTE
Ma questo sembra scontrarsi con il fatto che la vita da latitante non è stata lunghissima. Per vivere alla macchia occorrono scorte ma Filippo Turetta ha passato anche giorni senza bere un goccio d’acqua e senza mangiare. Quello che i familiari consideravano un bravo ragazzo aveva ricercato qualche suggerimento per la sopravvivenza ma non è stato capace di vivere alla macchia quanto aveva immaginato e quanto avrebbe voluto. L’acqua, e questo non è un dettaglio secondario, non se l’era portata appresso e infatti qualche bottiglia l’ha dovuta recuperare durante il viaggio. In qualche bar e nei soliti distributori automatici, ma nei momenti senza traffico, lontano da sguardi indiscreti.

Per dormire, il giovane che quella fuga non l’aveva studiata tanto bene, ha adottato solo qualche semplice precauzione: solo soste nelle piazzole, sul ciglio della strada, oppure in stradine polverose, soprattutto sotto gli alberi, almeno nella prima parte della fuga. Ma mai nelle aree di servizio, dove le telecamere rischiavano di farlo cadere in trappola quasi in tempo reale. Immagini più chiare e di luoghi diversi ancora mancano nel faldone che gli investigatori stanno costruendo giorno dopo giorno, ripercorrendo a ritroso questa settimana di ricerche, angoscia e speranze. La caccia alla registrazioni, comunque, è ancora in corso e sarà molto utile anche a capire se gli oltre mille chilometri che separano le rive del lago di Barcis, dove il cadavere di Giulia è stato scaraventato come un sacco, e l’autostrada tedesca vicino ad Halle Turetta li abbia percorsi interamente da solo. 


IL CEDIMENTO
Finiti i soldi, per lui sono finite contemporaneamente anche le speranze. Tutte o quasi. Si è accesa la spia della riserva di carburante sulla Punto nera ma anche la fame ha iniziato a far sentire pesantemente i suoi effetti. Giorni di digiuno, con le possibilità di andare ancora lontano che si sono affievolite sempre più velocemente. Era provato, quando gli agenti della “polizei” lo hanno ammanettato. Forse, quel giovane che non voleva accettare di essere lasciato aveva pensato di fare marcia indietro. Ma la macchina era a secco. E lui senza più forze. 
 

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