«Giustizia per Giulia Cecchettin». La chiede Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne romana che fu violentata, uccisa, fatta a pezzi e i suoi resti ritrovati in due trolley a Pollenza (Macerata) nel gennaio del 2018, rivolgendo una «preghiera» per la Cecchettin, la studentessa scomparsa e ritrovata cadavere sabato scorso, «per la famiglia di Giulia e anche per i genitori del suo assassino». La mamma di Pamela, di fronte a questo ennesimo femminicidio, si dice «demoralizzata» perché troppo spesso la giustizia non fa il suo corso. E non a caso, proprio in questi giorni, in un video messaggio insieme ad altre mamme e una sorella di vittime di omicidi brutali ha lanciato un appello per la certezza della pena e per lo stop a permessi e benefici: «Servono pene più dure e severe, chiediamo una giustizia vera e che i carnefici non vengano rimessi in libertà dopo qualche anno. Chi commette un omicidio deve pagare, deve sapere che se si toglie la vita a qualcuno allora, visto che da noi la pena di morte in esiste, si deve scontare la vita in carcere. Serve il carcere a vita».
Altro tema importante è poi quello della «prevenzione», prosegue Alessandra Verni. «Se ne deve parlare, soprattutto nelle scuole e le famiglie devono essere aiutate: serve un aiuto vero delle istituzioni e dei vari enti, degli assistenti sociali, degli esperti.
Filippo Turetta «ha diritto come tutti gli indagati di essere trattato in maniera serena, obiettiva, da parte non solamente della procura, che garantisce i diritti di tutti quanti in questa fase, ma anche da parte dell'opinione pubblica che deve frenare un momento questa partecipazione emotiva, che può creare e che sta creando, difficoltà non alle indagini ma alle persone coinvolte, ai genitori dell'indagato». L'invito è del procuratore di Venezia, Bruno Cherchi, a margine di un evento all'Università di Padova.