Bossi: «Milioni di persone incazzate
pronte alla piazza: no al governo tecnico»

Umberto e Renzo Bossi a Ponte di Legno (foto Filippo Venezia - Ansa)
5 Minuti di Lettura
Sabato 14 Agosto 2010, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 23:40
ROMA (14 agosto) - Il leader della Lega, Umberto Bossi, pronto a mobilitare i leghisti di Veneto, Lombardia e Piemonte in caso di un governo tecnico. Berlusconi - ha detto Bossi - porta in piazza la gente e sono tanti, di più. La Lega si unisce a quell'operazione con il Veneto, il Piemonte e la Lombardia. Sono un sacco di milioni di persone e sono incazzate».



Bossi non è sembrato poi molto fiducioso sul fatto che Silvio Berlusconi trovi la "quadra" per rinsaldare la maggioranza di governo. «Una quadra?- ha detto a Ponte di Legno dove si trova in vacanza e dove ieri ha incoronato la locale miss Padania - Non so. Secondo me Berlusconi ci sta lavorando. Le soluzioni sono due: «O ricuce o si va ad elezioni. Ma io ho un dubbio. Dopo il casino che c'è stato, come fai a ricucire? E' impossibile».



«Governo tecnico? Non c'è un matto disposto a guidarlo». «Con la situazione attuale non si troverà nessun matto disposto a guidare un governo tecnico - ha agiunto Bossi -. E' un'ipotesi rischiosissima, fuori dal mondo, perché un esecutivo simile potrebbe cancellare le leggi sull'immigrazione che non interessano né a Fini né a Bersani. Napolitano deve ascoltare tutti. Ma chi ha il coraggio di dire "mi offro"? Non c'è nessun matto che faccia il governo: lo fai in cinque minuti e dura cinque minuti. Certo è che Tremonti non sarebbe disposto a guidarlo e che la Lega non lo appoggerebbe. Tremonti vuol bene a Berlusconi e non gli fa questo dispetto».



«Montezemolo deve fare un accordo con me e Berlusconi». «Quella gente lì in politica cercherà di agganciarsi a chi può farli vincere», ha detto Bossi tornando a parlare di Luca Cordero di Montezemolo dopo la dichiarazione dell'ex capo di Confindustria secondo cui Silvio Berlusconi ha deluso. «O fa un accordo con Bossi e Berlusconi - ha sottolineato il senatur - o non entra in politica».



Napolitano: non esistono governi tecnici. Non esistono governi tecnici che nascano dalla volontà del capo dello Stato, ma esecutivi, qualunque sia la loro composizione, che nascono dal fatto che il Parlamento dà loro, a maggioranza, la fiducia. E' il ragionamento che il presidente della Repubblica esterna in un colloquio con il Corriere della Sera, all'indomani delle polemiche animate dalla sua intervista all'Unità, in cui chiedeva di fermare le «rese dei conti» e sottolineava che un «vuoto politico» e un eventuale «durissimo scontro elettorale» sarebbero un pericolo per il Paese. Napolitano chiarisce poi di essersi «limitato a far capire a quanti si esercitano in continue congetture sul voto, indicando persino qualche data tra novembre e dicembre prossimi, che è bene che si astengano perché questo non è di loro competenza». Il capo dello Stato insiste quindi a sollecitare «uno sforzo di responsabile ponderazione tra le esigenze della chiarezza politica e quelle della continuità della vita istituzionale». Guardando al Paese che «ha bisogno di risposte ai problemi anzichè di rese dei conti e annunci minacciosi».



Berlusconi: «Bisogna tenere duro, ma i cimiteri sono pieni di persone che si consideravano indispensabili». Con questa battuta, il premier ha risposto a un sostenitore che a Porto Rotondo, lo esortava a non mollare. «Sono venuto quì a passare tre giorni di relax, non parlo di politica. Farò soltanto il nonno», ha risposto il presidente del Consiglio ai cronisti che gli chiedevano della situazione politica. E a chi gli chiedeva come stesse, il Cavaliere si è limitato a dire: «Sono sereno e tranquillo».



Berlusconi ostenta buonumore, ma la lettura dei giornali non lo deve aver rallegrato molto. In particolare per le parole del Capo dello Stato sul fatto che non esistono governi tecnici, ma solo esecutivi politici. Frase che, agli occhi del premier, ha un unico significato: in caso di crisi le elezioni non sono affatto scontate. il colloquio con il Corsera. «In pratica ha messo in guardia sul fatto che il voto non sarebbe automatico», è l'interpretazione di un dirigente del partito, che tuttavia aggiunge: «Governi tecnici, comunque, non ce saranno, perché al Senato non ci sono i numeri».



Le repliche sono state affidate a Daniele Capezzone prima e a Fabrizio Cicchitto poi. Il primo per dire che un governo tecnico rappresenterebbe una «insopportabile ferita» alla volontà popolare; il secondo per sottolineare che le urne sarebbero l'unico «epilogo di buonsenso» in caso di crisi. Entrambi ben attenti a non polemizzare con il Colle. L'ordine di scuderia è perentorio: non alzare i toni con il Quirinale. Come dimostra una nota di palazzo Chigi per smentire i retroscena sull'ira del premier verso Napolitano. In effetti nell'inner circle berlusconiano, giurano e spergiurano che la reazione del Cavaliere alle parole del capo dello Stato di ieri sia stata piuttosto moderata.



Il timore del Cavaliere sarebbe duplice: non solo quello di finire all'opposizione, ma anche di ritrovarsi senza protezioni davanti alla nuova ondata giudiziaria che - è sua convinzione - si scatenerebbe non appena lo scudo del legittimo impedimento dovesse venire a mancare. Mi farebbero fuori, con un governo tecnico sarebbe la fine, è il refrein che gli attribuiscono. Preoccupazioni, quelle di un accerchiamento giudiziario-mediatico confermate dalle ultime rivelazioni su Denis Verdini, finito nel mirino di Bankitalia. Ecco perchè Berlusconi cercherà in tutti i modi di tenere in vita l'attuale maggioranza.



La verità è che anche l'ipotesi del voto non lo lascia tranquillo, soprattutto per il rischio di un risultato sfavorevole in Senato. Sul come «andare avanti» le ricette divergono. Le colombe tentano in tutti i modi di spiegargli che cavalcando la campagna deI Giornale contro Fini si rischia solo di ricompattare le sue truppe. Ma lui la pensa diversamente. È convinto che la vicenda di Montecarlo stia indebolendo l'ex leader di An, sia davanti all'opinione pubblica che davanti ai suoi fedelissimi. E anche se l'obiettivo prefissato (portarlo alle dimissioni dallo scranno più alto di Montecitorio), non dovesse essere centrato, il Cavaliere pensa di poter trarne un duplice vantaggio: portare Fini a più miti consigli e fargli perdere pezzi in aula.



Pd: maggioranza in piazza contro la Costituzione. «La Sinistra e i Democratici italiani non sono mai scesi in Piazza contro la Costituzione, ma sempre per difenderla - ha commentato Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria Pd - Questa la differenza tra noi e loro. Se le parole irresponsabili di alcuni esponenti del Pdl fossero confermate saremmo di fronte a un fatto gravissimo. Per la prima volta in Italia dal dopoguerra forze politiche al governo sceglierebbero il ricorso alla piazza per mettere in discussione alcuni dei principi fondamentali della nostra Repubblica».



Casini: bisogna uscire insieme da questa melma. Per il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, «non è possibile immaginare governi contro una parte del Paese, contro la volontà di una parte del Parlamento. E' molto difficile e dubito anche che possa essere utile. Giustamente il presidente della Repubblica ha richiamato le procedure di carattere istituzionale, che vanno sempre rispettate. Io ho parlato di responsabilità nazionale perché credo che quello che serve non è schierare una parte contro l'altra, ma riconsegnare l'Italia agli italiani, uscire da questa melma insieme, cercando di ricucire un Paese diviso».



«Bisogna mandare a casa Berlusconi e la sua claque. Per questo, la priorità rimane il voto. Tuttavia, visto che da più parti vi è la richiesta di un Governo tecnico ribadisco che l'Italia dei Valori è pronta a valutare l'ipotesi purché si tratti di un esecutivo garantito dal Capo dello Stato. Un esecutivo a scadenza prefissata che serva a fare una nuova legge elettorale e una normativa che garantisca il pluralismo dell'informazione», ha detto il leader dell'Italia Dei Valori Antonio Di Pietro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA