«Come noto, la scuola, nel valutare la preparazione degli alunni, non applica scienze esatte che conducono ad un risultato certo ed univoco, come si verifica ad esempio nei casi di accertamento dell'altezza di un determinato candidato o del grado alcolico di una determinata sostanza, - hanno scritto i giudici nella sentenza - ma formula un giudizio tecnico connotato da un fisiologico margine di opinabilità, per sconfessare il quale non è sufficiente evidenziare la mera non condivisibilità del giudizio, dovendosi piuttosto dimostrare la sua palese inattendibilità». Nella sentenza i giudici hanno riportato tutti i voti conseguiti dall'alunno.
«Lo studente era stato ammesso con il voto di 9/10 e aveva conseguito i seguenti punteggi: 10/10 nella prova d'italiano; 10/10 nella prova di matematica; 8/10 nella prova di francese; 8/10 nella prova d'inglese; 9/10 nel colloquio pluridisciplinare. »Il voto finale di 9/10 si presenta, pertanto, coerente con quelli di ammissione e con quelli conseguiti nelle prove d'esame, tanto più che il voto di 10/10 presuppone il raggiungimento dell'eccellenza in tutte le prove - ha spiegato il Tar - Sotto questo profilo, valga, in particolare, il riferimento fatto nei giudizi sulle lingue straniere (inglese e francese) alla circostanza che l'elaborato era 'per lo più' e non 'totalmentè corretto«.
I genitori sono stati condannati a pagare le spese legali quantificate in mille euro. Il caso dei genitori di Canicattì non è isolato. Tanto che il presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, all'inaugurazione dell'anno giudiziario amministrativo, ha detto: c'è una «difficoltà di accettare la decisione dell'autorità» che «trova ulteriore espressione nei ricorsi con cui talvolta i genitori contestano la bocciatura dei propri figli a scuola».
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