I danni del ‘68/ Ripristiniamo il confine saltato maestri-allievi

di Marina Valensise
3 Minuti di Lettura
Giovedì 18 Gennaio 2018, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 00:16
C’è poco da sperare se la moda dei cattivi maestri prende piede anche nei nostri migliori licei. Certo, per ora sono casi rari, unici, isolati, e di sicuro la stragrande maggioranza del corpo docente nelle scuole italiane è indenne da comportamenti aberranti.

Ma è bene alzare la guardia e chiarire subito che urge prendere seri provvedimenti per salvaguardare non solo i professori dall’infamia generalizzata, ma evitare ai nostri figli, e loro allievi, il danno che nasce quando si mina il rapporto di fiducia nei maestri, che è alla base dell’apprendimento.

Al liceo Tasso di Roma un professore di Storia e filosofia si intratteneva con le sue allieve minorenni su Whatsapp, andando molto oltre il lecito. Messaggi erotici, rapporti sessuali, molestie. Dopo una pioggia di denunce da parte delle famiglie, è stato sospeso. All’Istituto Massimo di Roma, roccaforte della tradizione pedagogica dei Padri Gesuiti, è un professore di lettere ad aver ammesso di aver sbagliato. 

Approfittando delle ripetizioni di latino a un’allieva quindicenne, Massimo De Angelis, 53 anni, ha abusato di lei, della sua giovane età, della sua fragilità, andando anche in questo caso ben oltre i limiti della corretta paideia. Le mandava messaggini, audiomessaggi a sfondo erotico, persino foto di lui nudo, chiedendole a sua volta di ricambiare. La tresca durava dall’estate. Denunciato, anche lui è stato sospeso ed è finito in carcere.

Da dove nasce questa deriva erotico-sentimentale che abolisce ogni barriera tra docenti e discenti, confonde i confini tra un professore e l’allievo, travolge ogni limite di sicurezza, scardinando gli argini del rispetto umano e professionale, e facendo saltare gerarchie e tabù? E’ figlia dei tempi, dicono alcuni, è frutto dei social network che azzerano le distanze tra le persone, vanificano ogni confine, trasformando ognuno di noi nel terminale diretto e a portata di mano di chiunque si muova entro la dimensione perfettamente orizzontale della connessione in rete. 
Personalmente, non credo che la deriva sia solo l’effetto dell’impetuosa trasformazione che viviamo.

In realtà, abolire la cortina del rispetto, squarciare il velo un tempo invalicabile che dovrebbe separare maestri e allievi è l’ennesimo frutto marcio prodotto dal ‘68 e dalla cultura del ‘68: un’utopia radicale ormai inservibile e obsoleta che in nome dell’eguaglianza, del ripudio delle forme, della guerra alla gerarchia e alle differenze ha finito per logorare la vita pubblica, privando il corpo sociale dei suoi anticorpi e delle valvole di sicurezza necessarie al suo funzionamento. Così, tenere le distanze sembra sia diventato un insulto, un’offesa grave, un vulnus intollerabile per la dignità delle persone. Difficile resistere al costume generale e andare controcorrente.

Oggi, il professore refrattario alle distinzioni sociali, ribelle alla grammatica dei ruoli, non solo dà ai suoi allievi del tu, ma pretende che glielo diano anche a lui, insieme con l’email, al numero di cellulare, e l’amicizia su Facebook per poterli chiamarli a tutte le ore del giorno e della notte. Non solo, ma veste anche come loro, jeans e scarpe da tennis, e soprattutto parla loro con profluvio di “nel senso che”, “ci sta che”, “il tema è che…”, col che certificando la morte dell’eloquenza. Come educatore, ha totalmente perso la sua aura, ha rinunciato al suo prestigio professionale, a porsi come modello, del punto di riferimento. 

Che valore può avere la sua lezione in un’aula dove sono saltati i confini tra chi insegna e chi impara? Nessuno. 
Forse è troppo tardi per tornare indietro, per sognare come il presidente francese Macron e prima di lui Sarkozy, gli allievi che si alzano in piedi quando entra in classe il professore. Ma visto che l’amicizia erotica tra maestri e allievi rischia ora di far saltare l’ultimo argine al rispetto dei ruoli, urge trovare un rimedio. Prima di reclutare gli insegnanti in base a test psicoattitudinali, sarebbe il caso di formarli con una nuova pedagogia più severa, dove la psicologia dell’età evolutiva, la cooperazione, il senso di fiducia, il rispetto per se stessi e per gli altri da sé, che si trovano in posizione di inferiorità o di debolezza, rendano il docente del tutto impermeabile a ogni tentazione di prossimità coi suoi allievi. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA