Le promesse non mantenute sulla guerra ai torpedoni

di Paolo Graldi
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Giovedì 18 Gennaio 2018, 08:11

Prendete la tanto declamata sicurezza nelle ville storiche e nei parchi pubblici: colpiti da degrado, vagabondaggio, ma anche violenza e stupri.
Ville storiche e parchi pubblici sono da mesi oggetto di un piano straordinario di risanamento e di cura. Tutto vero? A parole.

Nei fatti tra lungaggini burocratiche, liti tra concorrenti al bando di gara e Amministrazione, cavilli procedurali e incapacità gestionali, i buoni propositi, dispiegati sotto la pressione di una opinione pubblica infastidita e preoccupata, sono rimasti lettera morta. Una situazione paradigmatica per il Campidoglio, applicabile a svariati settori.

Così il piano sicurezza che riguarda 40 tra ville e parchi, con la primavera alle porte che ne moltiplicheranno l'utilizzo, resta al palo lasciando intatte o quasi intatte le problematiche che ne avevano imposto la realizzazione.

Di giorno, ma soprattutto di notte, la vigilanza, i controlli anche attraverso una fitta rete di occhi elettronici (telecamere ad alta definizione collegate con i centri operativi), è rimasta gravemente deficitaria e nell'aria si annusa un pesante disincanto che fa temere che anche su questo fronte le promesse mancate prenderanno il posto dei fatti.

In una città, Roma, la Capitale, dove quasi tutto si colora di emergenza, a causa di qualche evento davvero allarmante è quasi certo che quell'emergenza, svanito il clamore mediatico, il ringhio dell'opinione pubblica delusa e insoddisfatta, divenga una normalità permanente.

Insomma, un tema della città, fortemente avvertito come un immeritato malaugurio, viene dibattuto e affrontato con slancio oratorio, con enfasi combattiva dagli amministratori, e dalle istituzioni in generale, sia che si parli di trasporto pubblico sia di rifiuti urbani (i quali o si rimuovono o ingombrano), finché fa scandalo mentre il sopravvenire di altre emergenze sposta altrove l'attenzione.

E la pratica emergenziale torna nei cassetti, a riposare. Siamo di fronte a un modo di governare che si consolida nel tempo arricchendosi d'esperienza e ha come risultato finale non solo la mancata soluzione dei problemi ma il loro permanente aggravarsi. Questa storia della vigilanza, che raccontiamo diffusamente in queste pagine, è esemplare. Si poneva l'esigenza di chiudere i parchi e le ville storiche perché di notte, senza vigilanza, diventavano terra di nessuno. O meglio terra di chi decideva di spadroneggiare su quei luoghi.

Proteste dei cittadini, proclami risentiti delle associazioni, alcune disposte anche a generosi atti di volontariato fino a promuovere pattugliamenti concordati con le forze dell'ordine o personale autorizzato. Le gare hanno subìto, dalla primavera scorsa ad oggi, ritardi, rinvii, mancanza di personale, aggiustamenti del progetto per un ventaglio infinito di motivi sicché la emergenza di sorvegliare sulla notte in quei luoghi ha consumato l'intero anno appena trascorso e adesso si scopre che ci vorrà ancora chissà quanto tempo e quali miracoli amministrativi perché se ne apprezzino gli effetti.

Di giorno, va rilevato, la situazione è meno drammatica: tra l'altro si avverte la presenza di pattuglie di carabinieri a cavallo che hanno intensificato la vigilanza. Ma non basta, ancorché meritoria, questa presenza: i 40 parchi e le ville (si va da Villa Borghese, a Villa Ada, a villa Pamphilj, a Colle Oppio teatro di pestaggi, risse tra clochard ed anche di gravissimi episodi di violenza carnale, a tutte le magnifiche oasi periferiche, purtroppo degradate dalla noncuranza prolungata) sono lasciati alla mercé di ogni tipo di scorribanda.

Per il momento non si è neppure riusciti ad organizzare e decidere chi debba aprire la mattina e chiudere la sera i cancelli anche se, si osserva, i buchi nei muri e nelle recinzioni sono varchi senza sentinelle.
Erano state promesse telecamere, illuminazione diffusa ma si è scoperto che costano e che i soldi scarseggiano. Del resto anche piazza Venezia, e tutta la area dei Fori, patrimonio dell'umanità, la sera, vengono avvolti da un buio diffuso che offre al visitatore e al passante un senso gelido di coprifuoco. Un chiarore pallido che sa di tenebra.
 
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