Rieti, immigrati e richiedenti asilo
trovano rifugio di notte sotto i ponti
o alla stazione ferroviaria

Rieti, immigrati e richiedenti asilo trovano rifugio di notte sotto i ponti o alla stazione ferroviaria
di Alessandra Lancia
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Mercoledì 3 Gennaio 2018, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 13:00
RIETI - Tutti esauriti i 750 posti «assegnati» alla provincia di Rieti alla voce «accoglienza richiedenti asilo» e per un gruppo di circa 30 afghani giunti in città nelle scorse settimane sono stati giorni (e notti) durissime.
Dormivano alla stazione, anche vicino ai binari e solo l’intervento di associazioni di volontariato laiche e cattoliche ha consentito di dare un tetto e un ricovero ai profughi, in attesa delle lunghe pratiche per chiedere asilo politico.

Stessa mobilitazione per un gruppo di africani che invece il loro permesso di soggiorno ce l’avevano e si erano già trasferiti altrove a lavorare ma per il rinnovo sono dovuti tornare a Rieti: senza un alloggio, anche questi dormivano all’aperto dove capitava, nonostante le rigide temperature di questi giorni. Uomini e ragazzi invisibili, e invisibile l’emergenza se non fosse stato per l’allarme lanciato nei giorni scorsi dagli attivisti del Comitato per il diritto alla salute e alle Politiche sociali e di Cittadinanzattiva, raccolto dalla Diocesi, dalla Caritas, dalla Mensa di Santa Chiara e dalla Chiesa cristiana avventista.

SITUAZIONI DIVERSE
«Si sono sommate due situazioni diverse, l’arrivo di un gruppo di richiedenti asilo “fuori quota” dall’Afghanistan e il ritorno di un gruppo di nord africani per il rinnovo del permesso di soggiorno – spiega il direttore della Caritas diocesana, don Fabrizio Borrello – con la mensa di Santa Chiara a fare da catalizzatore siamo riusciti a individuarli e sistemarli un po’ tutti».

Una parte è stata alloggiata dalla Caritas negli appartamenti (un tempo) dei canonici della Cattedrale, altri sono stati ospitati nel casale di Antonio Ferraro. I frati di Fonte Colombo si sono invece fatti carico dei due uomini che dormivano sotto ponte Giovanni XXIII (foto sopra a destra), riparati solo da cartoni. Parallelamente decine di persone, gruppi laici e religiosi hanno raccolto e fornito cibo, coperte, vestiti e anche contributi in denaro per pagare bollette e altro necessario.

«Questa esperienza – scrivono dal Comitato per il diritto alla salute e Cittadinanzattiva – dimostra che vi sono anche in città decine di persone in stato di sofferenza acuta, in assoluta fragilità, abbandonate anche da istituzioni che avrebbero il compito di proteggerle con politiche sociali attive di accoglienza e di immediata messa in sicurezza. Aspettiamo ancora che al nostro appello rispondano chi amministra e chi governa».
 
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