M5S, nuove regole per candidarsi: in lista esponenti della società civile e multe per i voltagabbana

Grillo passa la mano
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Venerdì 29 Dicembre 2017, 16:16 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 11:43
Una rivoluzione copernicana finalizzata a un obiettivo: competere con tutte le armi a disposizione, nei collegi uninominali, con centrodestra e centrosinistra. Il M5S apre, per le sole «sfide dirette», le porte ad esponenti della società civile non iscritti, riprendendo una linea già preannunciata da Silvio Berlusconi e dal Pd e imprimendo una modifica-chiave nelle regole per le candidature che saranno ufficializzate «ad horas». Cambieranno, inoltre, i codici di comportamento per gli eletti e il non-Statuto e ci sarà una stretta «esemplare» sui voltagabbana: una multa da 100mila euro in merito alla quale i vertici stanno studiando «la formula migliore» per renderla davvero effettiva e non anti-costituzionale.

Una carica elettiva della durata di 5 anni e rinnovabili, con nuova elezione, per altri 5 anni: sarà poi questo, secondo il nuovo Statuto, il ruolo affidato al capo politico del M5S. Il rinnovo della carica, si sottolinea ancora, non è automatico e non è legato alla figura di Luigi Di Maio.

L'attesa per regole, codici e nuova carta fondativa sembra insomma «valere il prezzo del biglietto»: alle elezioni 2018, infatti il Movimento candiderà nell'uninominale anche persone che «si sono distinte per professionalità e competenza» nella società civile e che si sono «avvicinate» ma non iscritte al Movimento. Non era mai accaduto,i candidati esterni saranno comunque soggetti a parlamentarie, ma la mossa rischia di provocare una dura reazione dell'ala ortodossa.

Ma così, il M5S targato Luigi Di Maio realizza il suo «casting» tra imprenditori e professionisti, soprattutto nel
Nord dell'Italia. E, in tal modo, il trio Beppe Grillo, Davide Casaleggio e Di Maio replicano a FI che «pescherà» per le liste tra i non professionisti della politica e al Pd che potrebbe schierare personalità come Lucia Annibali o Roberto Burioni. E poi c'è un motivo supplementare: la classe dirigente «iscritta» al Movimento, tra tetto dei due mandati, addii ed espulsioni, rischiava di essere star stretta alla pletora di parlamentari che il M5S si aspetta di eleggere.

Sulle candidature ci sarà comunque un filtro di qualità e l'ultima parola spetterà al Garante (Grillo) e ai vertici che, come obiettivo, hanno già annunciato quello di «non imbarcare» chiunque, ripetendo gli errori delle precedenti tornate elettorali locali. E, rispetto al passato, il M5S vuole anche tutelarsi dai voltagabbana introducendo - sulla scia di quanto accade per gli eletti locali - una multa salatissima nel codice dei futuri parlamentari. Sarebbe di 100mila euro ma il rischio è che il tentativo sia comunque vano: la Costituzione non prevede infatti un vincolo di mandato per i deputati e senatori (articolo 67: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato») e le chance di vincere, per chi farebbe ricorso, sarebbero altissime. Da qui l'idea di inserire la sanzione in una scrittura privata, una sorta di contratto, facendo sì che non sia legata direttamente al possibile cambio di casacca.

Cambierà, infine, anche lo Statuto. L'ultima modifica risale al settembre 2016 quando, nel pieno del caso Pizzarotti,
cambiarono i termini di sanzioni, sospensioni ed espulsioni e fu introdotto il collegio rei probiviri. I punti che saranno
modificati non sono stati ancora ufficializzati ma una cosa è certa: per il Movimento, il voto del 4 marzo, segnerà un cambio strutturale epocale.
Nel segno della nuova leadership di Luigi Di Maio.


 
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