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di Luca Cifoni

Il "complotto" del 2011 e quello che abbiamo fatto da soli prima

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Sabato 23 Dicembre 2017, 17:24 - Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 22:33
Periodicamente si torna a parlare di quanto avvenne in Italia nell'autunno del 2011, quando le fortissime tensioni sul debito pubblico italiano portarono alla caduta del governo Berlusconi ed alla formazione di quello tecnico guidato da Mario Monti. Un passaggio qualificato come "complotto", della "speculazione finanziaria" o anche di singoli Stati esteri. Naturalmente il giudizio su quella fase storica è complesso e come spesso accade forse servirà più tempo per articolarlo meglio. Ma nell'esprimere oggi valutazioni non è il caso di dimenticare alcuni fatti che avvennero non all'estero, ma in Italia, nei mesi precedenti.

Risale al 13 aprile l'approvazione da parte del governo del Documento di economia e finanza. In quel testo firmato dal presidente del Consiglio Berlusconi e dal ministro dell'Economia Tremonti  veniva ribadito l'impegno a inserire il principio del pareggio di bilancio nella Costituzione e ad azzerare concretamente il deficit nel 2014. "La crescita non si fa più con i deficit pubblici. L'unico sviluppo che produce il deficit pubblico è lo sviluppo del deficit pubblico" si leggeva tra l'altro nel documento messo a punto - è il caso di ricordarlo - in un contesto di previsioni economiche ancora abbastanza favorevoli e soprattutto a seguito di un impegno dei Paesi europei a rafforzare gli strumenti di controllo dei conti pubblici dopo la crisi del debito greco. Concretamente l'impegno per il nostro Paese consisteva nel portare il disavanzo 2014 dal 2,6 allo 0,2 per cento del Pil: dunque una pesante correzione dei conti che non aveva effetto sul successivo 2012 (già oggetto di precedenti interventi) ma pesava per circa 20 miliardi sul 2013 e per 40 nel 2014. Insomma l'esecizio di rigore superava temporalmente la scadenza della legislatura, con l'impegno massimo rinviato al primo anno dopo le prevedibili elezioni politiche.

A posteriori si può anche osservare che questo approccio, poi sfociato a fine anno in un intervento ancora più massiccio e concentrato, rischiava già in partenza di essere nocivo per l'economia del Paese. Ma all'epoca nessuno nel governo si pose il problema e meno che mai ipotizzò di rinegoziare un percorso che comunque appariva diluito nel tempo. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti nella premessa al Def aveva scritto che la politica del rigore andava attuata "anche in assenza di una regola europea": probabilmente sentiva già le avvisaglie della tempesta che si sarebbe scatenata nei mercati finanziari. Tuttavia, per settimane l'esecutivo rimase nel vago sul come procedere. Lo stesso Tremonti spiegò che la correzione avrebbe agito in gran parte sulle spese correnti e si mostrò fiducioso sul fatto che il positivo andamento della congiuntura ne avrebbe alleggerito l'onere. Anche organizzazioni internazionale come Ocse e Fmi fino al mese di maggio non lanciarono allarmi specifici, pur notando i contorni vaghi dell'intervento rimandato al 2013-2014. Nel frattempo nel Paese si sviluppava un dibattito abbastanza surreale (arginato in parte proprio dal ministro dell'Economia) a proposito di una imminente ed epocale riduzione del prelievo fiscale.

Si arriva così alla seconda metà di maggio, quando si fecero sentire i primi scricchiolii. Il 21 in risposta a al monito di un'agenzia di rating, il governo per la prima volta fa capire che la manovra sarà anticipata. Il resto è storia, una storia in tragica discesa in cui l'Italia appare sempre un passo indietro rispetto a dove dovrebbe essere: le prime turbolenze sui mercati, il decreto legge di luglio (a cui si deve tra l'altro l'invenzione del marchingegno delle clausole di salvaguardia, per ben 15 miliardi), la famosa lettera della Bce, il decreto legge del 13 agosto che anticipava il pareggio di bilancio al 2013 e poi le ulteriori turbolenze, l'arrivo del governo Monti e il pesantissimo decreto salva-Italia del 6 dicembre. Un anno terribile, che ha lasciato il segno. Ora con il senno di poi si può tutto: che il diktat della Bce era ai limiti delle stesse regole europee, che non è una grande idea chiedere a un governo apparso non credibile sull'obiettivo del pareggio nel 2014 di anticiparlo addirittura al 2013, che tre strette una dietro l'altra hanno fatto avvitare la recessione e così via. Ma prima di parlare di complotti e trame esterne, è bene ricordare quello che siamo stati capaci di fare da soli.
 
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