Kialo, il social "radical chic" per chi vuole discutere e non litigare sul web

Foto: kialo.com
di Alessandro Berrettoni
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Martedì 19 Dicembre 2017, 18:28 - Ultimo aggiornamento: 22 Dicembre, 12:17
Stufi dei troll, dell’infinita mole di commenti sotto un post su Facebook, di offese, ingiurie, frasi sgrammaticate? Ora, la soluzione è a portata di mano, con Kialo, il social network educato contro i diverbi online. Nato ad agosto negli Stati Uniti da un’idea di Errikos Pitsos, il sito si pone come un argine al litigio via web, una delle pratiche più diffuse dell’era digitale.

Kialo è stato «ideato per chi vuole esprimere un pensiero critico, per le discussioni e per rafforzare la ragione», si legge sul portale. Una sorta di eden per chi si trova a combattere ogni giorno con inutili diverbi scaturiti intorno a un tweet, a un’immagine, a un video. Che poi è l’essenza stessa della rete odierna, bar sport virtuale dove tutti possono dire tutto, perché chiunque offende l’altro senza filtri, senza controlli.

Proprio in questo Kialo si distingue dagli altri social network. Il nuovo utente rimane spiazzato al primo accesso: domande come “L’esistenza di Dio è compatibile con il male?” o frasi come “Trump dovrebbe essere rimosso dal suo incarico” danno il là a una discussione, a un dibattito. Frasi, interrogativi volutamente indirizzati verso un’opinione dai loro creatori, per far sì che chi non è d’accordo partecipi alla discussione.
 

Su Kialo non ci sono post, ma argomenti di dibattito, topic. Ognuno di essi deve passare da una specie di giuria, composta da alcuni utenti più esperti, che lo vagliano seguendo le linee guida. Niente troll ma solo conversazioni alte, perché sennò basterebbe scrollare la bacheca di Facebook. Ogni topic è diviso per argomenti e viene votato, permettendo la sua ascesa o caduta sulla homepage, in stile Reddit.

Noioso e poco attraente? Forse, ma la forza di Kialo, su cui aleggia ancora il mistero sul numero degli iscritti, è proprio questo mix di partecipazione e fiducia nella ragione. A dare ancora più sostegno a questa affermazione è la struttura del sito: ogni discussione genera una sorta di diagramma di flusso. Un albero dei pro e dei contro a cascata, che a sua volta si dirama in altre discussioni successive. L’idea alla base è che una discussione circolare, come quelle di Facebook e Twitter, sia inutile. Meglio invece poter analizzare a fondo, verticalmente, un aspetto preciso della discussione, riuscendo a evitare facilmente le banalizzazioni.



Ogni “commento” al topic, affermazione o nuova domanda, viene sottoposto al giudizio degli utenti, che si dividono in pro e contro. A quel punto poi i "giurati" devono offrire altri spunti alla comunità, che a loro volta saranno votati e arricchiti da un nuovo dibattito. Ogni intervento non può superare i 500 caratteri, come a dire che la sintesi è una parte essenziale del ragionamento critico.

Chissà, forse Voltaire, Kant, Montesquieu, se fossero millennials, sarebbero iscritti a Kialo, che non accetta la frivolezza, ma in uno sforzo - appunto - illuminista, premia la discussione positiva, quieta e civile. C’è solo un dubbio, una domanda, che forse andrebbe posta agli utenti e ai fondatori: siamo sicuri che il popolo del web, litigioso e livoroso per definizione, sia disposto a mettersi a tal punto in gioco? Che voglia abbandonare la sua valvola di sfogo, per cercare di darsi grandi risposte? Per ora, la domanda è retorica, come molte di quelle che si trovano dentro Kialo. Ma chi vuole fuggire, almeno un po’, dal caos rumoroso e scostante degli altri social network, sa che un’alternativa adesso c'è. Illuminista, forse snob, ma certamente educata, calma e politicamente corretta.
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