Il Russiagate fa tremare Trump: arrestato l'ex capo della campagna elettorale

Il Russiagate fa tremare Trump: arrestato l'ex capo della campagna elettorale
di Anna Guaita
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Lunedì 30 Ottobre 2017, 13:17 - Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 10:08

NEW YORK Le prime tre teste sono cadute. L'ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, Paul Manafort, e il suo braccio destro Rick Gates sono i nomi più noti della prima retata operata dal procuratore speciale Robert Muelller nell'inchiesta sul Russiagate. Ma il nome più inatteso, e potenzialmente più dannoso per il presidente, è quello di George Papadopoulos. Difatti Manafort e Gates sono stati incriminati essenzialmente per azioni compiute prima di unirsi alla campagna di Donald Trump, come il presidente stesso ha sottolineato con un tweet ieri mattina. Papadopoulos è stato incriminato invece per aver mentito su iniziative prese proprio per conto della campagna. Sia Manafort che Gates devono rispondere di varie accuse di riciclaggio, evasione fiscale, complotto contro gli interessi degli Stati Uniti e falsa testimonianza.

LA CAUZIONE
I due si sono dichiarati innocenti, quando ieri mattina si sono presentati alle autorità, che li ha posti agli arresti domiciliari dopo il pagamento di una cauzione di 10 milioni di dollari l'uno e di cinque l'altro. Papadopoulos invece è accusato di aver giurato il falso durante un interrogatorio dell'Fbi lo scorso gennaio. Ha già riconosciuto di aver mentito, e con disappunto della Casa Bianca ha accettato di collaborare con l'Fbi nell'inchiesta del Russiagate. Papadopoulos è stato uno dei membri della campagna elettorale di Trump che si è mosso per realizzare contatti con esponenti russi e riceverne informazioni dannose per Hillary Clinton. Questo suo sforzo cominciò per l'appunto in Italia, dove aveva incontrato nel marzo del 2016 un non meglio identificato Professor, con contatti con il Cremlino, che offriva alla campagna di Trump «sporcizia su Hillary». Papadopulos ha avuto vari incontri con questo Professor a Londra, e con altri esponenti russi, e ne ha riferito via email con i suoi boss nella campagna elettorale. Quando l'Fbi ha cominciato l'inchiesta, Papadopoulos ha mentito sugli incontri, che però sono poi stati confermati dalle sue stesse mail. La reazione della Casa Bianca a queste tre incriminazioni è stata di distanziarsi dagli ex collaboratori e anzi rinnegarne l'importanza. Trump ha twittato appunto che le attività criminali di Manafort precedevano la sua collaborazione alla campagna elettorale, e più tardi la sua portavoce Sarah Huckabee Sanders ha liquidato Papadopoulos come un «nulla», un volontario che «agiva di testa propria». Il procuratore speciale deve indagare sulle interferenze russe nella campagna presidenziale, ma ha mandato di indagare su altri possibili crimini. È stato calcolato che circa 126 milioni di americani, metà elettorato Usa, ha ricevuto e condiviso su Facebook circa 80 mila finti contenuti sostenuti dalla Russia. È quanto emerge dalla testimonianza depositata da Facebook.

L'incriminazione di Manafort e Gates che al momento non sembra collegata al Russiagate, può offrire a Mueller una leva per un eventuale patteggiamento, se i due decidessero di collaborare, come sta facendo Papadopoulos. Manafort era stato scelto da Trump come consulente durante le primarie, nel marzo del 2016, per poi diventare capo della campagna in maggio, e restarci fino ad agosto, quando sono venute a galla le sue passate collaborazioni con la Russia.

I CONTI STRANIERI
Da queste collaborazioni, Manafort aveva guadagnato decine di milioni di dollari, mai denunciati e tenuti in conti stranieri. Non aveva mai neanche comunicato alle autorità Usa di essere un lobbysta per Paesi ed enti stranieri. Tutti crimini che potrebbero costargli vari decenni di carcere. A meno che non scelga di collaborare con Mueller. Manafort e il suo vice Gates dovrebbero sapere molto dei possibili contatti fra esponenti russi e la campagna. Pare sia proprio Manafort l'interlocutore a cui Papadopoulos faceva capo, e comunque Manafort fu poi presente all'incontro del 9 giugno 2016, al fianco di Donald Trump Junior e di Jared Kushner, con l'avvocatessa russa Natalia Veselnitskaya. Quell'incontro doveva presentare a Trump junior altra «sporcizia» su Hillary Clinton. La campagna di Trump ha sempre sostenuto che nulla del genere avvenne, ma gli appunti di Manafort presentano un quadro diverso.

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