Espulsioni, il piano del Viminale

Espulsioni, il piano del Viminale
di Sara Menafra
3 Minuti di Lettura
Lunedì 9 Ottobre 2017, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 08:53

Chiudere i grandi centri di accoglienza (a dire il vero, molti più che chiusi saranno ristrutturati e ridotti) e aprire più strutture per il rimpatrio con l’obiettivo, complessivamente, di aumentare i numeri delle espulsioni. Ieri, il ministro degli interni Marco Minniti ha spiegato la sua visione complessiva del tema immigrazione, dopo gli accordi con la Libia che hanno di fatto chiuso la rotta mediterranea centrale suscitando non poche polemiche da parte delle organizzazioni che si occupano di diritti umani. «L’obiettivo che mi sono dato è arrivare all’accoglienza diffusa e chiudere i grandi centri di accoglienza», ha detto ad Aosta dove interveniva alla Scuola della democrazia: «I grandi centri - ha aggiunto - per quanto ci si possa sforzare di gestirli nel migliore dei modi non possono essere la via maestra per l’integrazione».

I PROGETTI
Il progetto che il ministro ha in mente, avviato già la scorsa primavera ma poi rallentato quando la priorità sembrava appunto la nuova emergenza sbarchi, prevede due interventi paralleli. Quasi in ogni regione aprirà o cambierà natura un centro per il rimpatrio, con l’obiettivo di arrivare ad una capienza complessiva di circa 1.200 posti. I primi ad essere riavviati come «Cpr», e non più centri di accoglienza, saranno Bari e Gradisca d’Isonzo che entrerano in funzione coi nuovi compiti entro il prossimo mese. Parallelamente, sono partiti i lavori a Macomer, in Sardegna e nei prossimi mesi saranno ristrutturati i centri di Brindisi, di Montichiari, in Lombardia e uno in Basilicata, mentre restano attivi Roma (Ponte Galeria), Torino e Caltanissetta.

ACCORDO CON IL BANGLADESH
Attualmente, gli ex Cie hanno 400 posti in tutto. Pochi, secondo il ministero dell’Interno e secondo l’Unione europea che da tempo chiede all’Italia di alzare il numero dei trattenuti in attesa di espulsione: nelle ultime settimane, con l’aumento degli arrivi dalla Tunisia, è effettivamente accaduto che alcuni fermati senza documenti di soggiorno siano stati lasciati andare con un semplice foglio di via, proprio perché non c’erano posti sufficienti a trattenerli fino alla partenza del volo per Tunisi (dall’Italia partono regolarmente due voli a settimana con trenta rimpatriandi ciascuno). Nei mesi scorsi, tra l’altro, Minniti ha lavorato a limare l’accordo per i rimpatri con il Bangladesh, da dove provengono 9mila del 106mila giunti dall’inizio dell’anno. Se andrà a regime, come prevede il Viminale, a partire potrebbero essere centinaia di persone.

RIDURRE GLI EX CARA
Allo stesso tempo, saranno chiuse o fortemente ridotte le grandi strutture di accoglienza. Gli scandali sulla gestione del Cara di Mineo - il più grande d’Europa - e i problemi di integrazione un po’ ovunque hanno spinto il ministero a programmare interventi che riqualifichino le attuali strutture in modo da ridurre e «spalmare» su tutto il territorio nazionale i centri di accoglienza. L’idea dovrebbe viaggiare in parallelo con l’obiettivo, mai centrato del tutto, di potenziare le strutture gestite in accordo con i comuni, gli Sprar. Ad essere ridimensionati, oltre a Mineo, saranno Cona, Bagnoli e il centro di Crotone. Ma, come per i luoghi di trattenimento pre-espulsione, nuovi centri di accoglienza saranno aperti in tutte le regioni d’Italia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA