Tre case per la Fornarina di Raffaello

Tre case per la Fornarina di Raffaello
di Fabio Isman
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Domenica 24 Settembre 2017, 10:57
Il mondo, purtroppo, ha bisogno di eroi, simboli, segni e segnacoli. E quando non ne ha abbastanza, spesso se li inventa. Così, l'Urbe possiede almeno tre «case della Fornarina»: la modella e amante di Raffaello, più volte eternata da lui. Ma, in realtà, non si sa con certezza nemmeno come si chiamasse, né quindi, dove vivesse. Non solo: ma il suo ritratto più celebre, appunto «La Fornarina» che è a Palazzo Barberini, per certuni non sarebbe neppure tutto del «divin maestro» sepolto al Pantheon, ma modificato da Giulio Romano, suo allievo. Anche se, per i più è rimasto nello studio dell'artista fino alla morte. Non è una storia, ma un guazzabuglio: tentiamo di metterci qualche ordine. Si vuole che la donna sia Margherita Luti, o Luzi, appunto figlia d'un fornaio. Ma altri deriva il nome dai fornici, gli archi sotto cui mercificavano le prostitute, e così la tratta.

NEL TEVERE
Giorgio Vasari dice che, la prima volta, Raffaello la vede bagnarsi, nuda, nel Tevere. E forse, è un po' troppo. Certo, mentre l'artista affresca la Villa Farnesina e sotto i veli della «Galatea» ritrae Imperia, l'amante del principe e committente Agostino Chigi, faceva le bizze. Meno assiduo nel lavoro, si assentava anche con la mente. Era innamorato, e Chigi gli permette che, quando dipinge, gli stia accanto, appunto, l'amata. Da qui, ecco la prima abitazione: a un passo dalla Villa, a via di Porta Settimiana 20, c'è ancora una casa del Quattrocento, con una colonna romana a vista a piano terra, e quanto resta di un portico antico. Dalla finestrella a arco che è sopra, usava affacciarsi la Fornarina. Più della storia, lo vuole la leggenda.

ALTRE DUE DIMORE
Ma ci sono altre due presunte abitazioni della modella. Una, a via del Governo Vecchio, al 48. Nel Palazzetto Sassi - Fornari (ahi, il cognome), una lapide nell'androne spiega: «Si dice che vivesse colei che divenne famosa perché cara a Raffaello»; ma forse, è solo un'assonanza con il cognome, e qui abitava un'altra delle sue «fiamme». Il terzo presunto domicilio è a via del Cedro 31, secondo piano: qualcuno l'avrebbe veduta affacciarsi da qui. È invece certo che, alla morte del pittore, lei si ritira in convento: quello delle terziarie francescane di Sant'Apollonia, nella piazza omonima, ove si sarebbe rifugiata, sempre alla dipartita dell'amato, anche la moglie di Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Franco Balsamo, il «conte» Cagliostro, cioè Lorenza Feliciani.

La Fornarina è un quadro con una donna a seno nudo, che ammicca e pare maliziosa; è mora, coperta appena da un velo. Turbante di seta dorata in testa. È firmato dall'artista sul bracciale; evidentemente, destinato a una fruizione del tutto privata. Per taluni, l'autore sarebbe perfino morto nel suo letto. L'opera era nella collezione degli Sforza di Santa Fiora, poi dei Barberini: è una delle 14 di cui, nel 1934, lo Stato si appaga (incredibile) per liberarla del fidecommesso; e così, se ne vanno parecchi capolavori, a iniziare dai Caravaggio (i Musici, ma prima: era anche di Richelieu; e i Bari).

Un paio di secoli fa, si riteneva che lei fosse anche il ritratto di Sebastiano del Piombo agli Uffizi, e pure un paio di altri dipinti. Molti ci scorgono una somiglianza con la Madonna Sistina1: quella con i due angioletti un po' pensosi, assai «gettonati» nei poster, già a Piacenza, ma ormai a Dresda dal 1754. Per altri ancora, perfino la Velata e la Madonna della Seggiola degli Uffizi la rappresenterebbero. Però, di lei non si sa nulla: nemmeno le date di nascita e morte. Due sole giornate sono certe: Raffaello muore il 2 aprile 1520, a 37 anni, un Venerdì santo; scrive Vasari: 15 giorni di febbri per «eccessi amorosi». E il 18 agosto, lei entra in convento. Ma che sia davvero stata il suo grande amore, tutti lo dicono, e nessuno l'ha provato; a quel quadro, in realtà una Venere, il nome Fornarina è attribuito solo nel 1727; e delle presunte abitazioni, chissà se almeno una è stata quella vera.
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