Crotone, grazie alle dichiarazioni di Lea Garofalo confiscati beni per 350mila euro al capoclan condannato all'ergastolo

Lea Garofalo, testimone di giustizia uccisa nel 2009: decisive le sue dichiarazioni per l'ergastolo poi inflitto a Vincenzo Comberiati, ora colpito da una confisca di beni
di Mario Meliadò
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Mercoledì 13 Settembre 2017, 19:46 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 12:26

Confisca di beni da 350mila euro di controvalore eseguita dalla Compagnia della Guardia di finanza di Crotone nei confronti di Paola Ceraudo, moglie di Vincenzo Comberiati, considerato il capo della “locale” di Petilia Policastro, centro del Marchesato ben noto per aver dato i natali a Lea Garofalo, la donna-simbolo cui sono stati dedicati monumenti in varie città dello Stivale e anche una fiction televisiva per aver preso radicalmente le distanze dalla ‘ndrangheta, purtroppo rimettendoci la vita.
 
In questo caso, secondo gli investigatori, saremmo davanti a un esempio radicalmente diverso: le indagini coordinate dal procuratore distrettuale di Catanzaro Nicola Gratteri, dal suo aggiunto Vincenzo Luberto e dal pm della Dda catanzarese Domenico Guarascio hanno fatto emergere come la donna fosse solo formalmente proprietaria del patrimonio definitivamente sottratto alle ‘ndrine: in realtà, la lussuosa villa e 17 terreni siti a Petilia e a Mesoraca (altro centro in provincia di Crotone) vanno senz’altro ricondotti al marito, Comberiati appunto, e alle attività delittuose poste in essere da lui personalmente e dal clan di cui è ritenuto l’elemento apicale.
 
A differenza di molti altri casi analoghi, stavolta non è stato così facile poter mettere in atto la misura di prevenzione, la cui applicazione già precedentemente era stata richiesta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro:  nell’ottobre di due anni fa, però, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale crotonese con decreto aveva cassato la proposta avanzata dalla Dda del capoluogo calabrese nei confronti di Vincenzo Comberiati.
 
Immediato il ricorso in secondo grado di giudizio da parte del sostituto procuratore Guarascio: in seguito ai lunghi e meticolosi accertamenti economico-finanziari, oltre che di polizia giudiziaria, posti in essere dai finanzieri di Crotone tramite appostamenti, pedinamenti e l’incrocio tra numerose informazioni acquisite e i database in possesso delle Fiamme gialle, i giudici della sezione Misure di prevenzione della Corte d’appello di Catanzaro hanno disposto la confisca, eseguita ad opera della stessa Guardia di finanza.  
 
Va tenuto presente che proprio le dichiarazioni di Lea Garofalo – la testimone di giustizia di Petilia Policastro poi assassinata nel novembre del 2009 su “mandato” del suo ex compagno Carlo Cosco – si rivelarono decisive ai fini della ricostruzione di sette delitti compiuti fra l’89 e il 2007 intorno ai quali, nell’ottobre di quattro anni fa, si articolò l’operazione “Filottete” messa a segno proprio dal pm Domenico Guarascio: in primo grado di giudizio, il 22 luglio di due anni addietro furono condannati 12 ‘ndranghetisti del luogo, e una delle quattro condanne a vita fu inflitta proprio al presunto capobastone Vincenzo Comberiati. Pochi mesi fa, nel processo d’appello, l’accusa ha chiesto la conferma in blocco della sentenza di primo grado.
 

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