Identità a sinistra/ La scorciatoia fallita di due leggi sbagliate

di Mario Ajello
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Mercoledì 13 Settembre 2017, 00:05
«Di’ una cosa di sinistra!», chiedeva Nanni Moretti. Ora di cose di sinistra, la sinistra ne tenta due. Una non le riesce: e infatti la maggioranza, che maggioranza al Senato non è, ha dovuto spedire la legge sullo ius soli in archivio e chissà se e quando se ne parlerà più. Mentre l’altra, la legge contro l’apologia di fascismo, è passata alla Camera, in un clima da nuovo 25 aprile, anche se poi dovrà vedersela con l’osso duro del Senato dove i numeri, appunto, sono più che scarsucci.

E questa è la doppia foto degli scampoli di fine legislatura: una legge che salta subito e una legge che a Montecitorio vince una partita facile, per poi avviarsi - se ci sarà tempo e voglia - in una via crucis nell’altro ramo del Parlamento. Il tutto racconta di una estrema debolezza del centrosinistra. E di un convitato di pietra - la legge di bilancio che si comincerà a discutere in Senato dopo il 20 settembre con l’approvazione del Def - che è quello davvero preoccupante. 

Una forzatura del governo in Senato sullo ius soli, a cui sono contrarissimi i centristi e vari cespugli, potrebbe compromettere la legge di bilancio su cui l’ala sinistra ex dem e bersanian-dalemiana vuole dare battaglia e usare come prova della sua esistenza. Dunque, evitare Palazzo Madama, evitare ogni tema divisivo come lo ius soli, evitare qualsiasi rischio che non possano materializzarsi i 161 voti necessari per approvare la manovra economica. 
Questa fragilità del quadro parlamentare, e della compagine di governo, è emersa in tutta la sua forza (si fa per dire) nella vicenda delle due leggi che hanno avuto un destino diverso, ma è comune il loro spirito. Attengono entrambe, più che alle urgenze del Paese, che ha dimostrato di non richiedere lo ius soli e di non palpitare per la norma sull’apologia del fascismo, alla questione dell’identità della sinistra da ritrovare (ci sono le elezioni a breve) e dell’individuazione di un nocciolo valoriale su cui si possa trovare quell’unità che sulle cose pratiche, sul terreno delle opzioni e delle scelte politiche concrete e di vero interesse nazionale, il centrosinistra non sembra proprio avere. Dunque, c’è una trama politica che riguarda due norme che sembrano invece estranee al tessuto del Paese in questo momento. Il tramonto dello ius soli è la certificazione che non poteva avere un grande cammino un’idea sbagliata e fallita per l’intempestività con cui è stata introdotta nel dibattito pubblico e proposta agli italiani (che sul tema dell’immigrazione non fanno che chiedere prudenza) e per la non aderenza agli attuali bisogni dei cittadini che anche il Papa, parlando in maniera nuova e sorprendente dei limiti dell’accoglienza, ha capito molto meglio di molti politici.

Mentre il passaggio della legge Fiano appare più che altro come una vittoria di Pirro e come una sorta d’involuzione culturale che ripropone fuori tempo massimo il mantra del «passato che non passa» e il fantasma di un fascismo irripetibile a settant’anni dalla sua fine. Senza che nessuno, a parte i promotori, riesca a vedere l’urgenza e l’utilità di aggiungere alla legge Scelba del 1952 e alla legge Mancino del 1993 un dispositivo che va nello stesso senso. Concentrandosi soprattutto sul folklore di qualche saluto romano da osteria o da raduno modello nazisti dell’Illinois (la citazione è dai Blues Brothers) o sulla paccottiglia mussoliniana made in Predappio (o Taiwan) o sul lambrusco con l’effigie del Duce. Un tipo di nostalgismo, insomma, che al netto di reati perseguibili e perseguiti con le norme in vigore riguardo alla ricostituzione del partito fascista, meriterebbe una vignetta o uno sghignazzo (come nel film di cui sopra). 

Ma il nostalgismo non è solo quello patetico dei seguaci del Ventennio. E’ anche quello del richiamo retorico e rituale all’”anti-fascismo eterno” come facile espediente per ritrovarsi. E in più, c’è un altro nostalgismo in questa storia delle due leggi sbagliate. E’ quello di chi, ostentando un disprezzo anti-popolare e crogiolandosi nel piacere di andare contro il senso comune, si ostina a credere che il fallimento del multiculturalismo non ci sia stato abbondantemente e che basta imporre lo ius soli per sentirsi più buoni e più moderni. 

 
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