Lucio Battisti e quel pomeriggio uggioso con le fan a Poggio Bustone, il ricordo inedito

Lucio Battisti nel 1969 (foto da reportage di "Sorrisi e Canzoni Tv"
di Sabrina Vecchi
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Venerdì 8 Settembre 2017, 07:54 - Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 19:46
RIETI - «Quella sì che era una giornata uggiosa. Ogni volta che sento quella canzone ripenso alla nebbia che c'era quel giorno a Poggio Bustone». Agnese Desideri ricorda con un tremolio di voce il giorno in cui venne fotografata con la sorella insieme al «compaesano» Lucio Battisti. Foto di cui entrambe ignorarono per anni perfino l'esistenza. Domani ricorre il 19° anno dalla scomparsa del cantautore, il 9 settembre 1998.

IL RACCONTO
Ma iniziamo dal principio. Corre l'anno 1969. Una mattina d'inverno di quelle che il freddo e l'umidità che sale dai laghi ti entrano nelle ossa, quelle giornate così plumbee che pensi non possano riservare nulla di buono. Le sorelle Desideri attendono nella loro casa di Poggio Bustone l'ora di prendere il bus per il nucleo industriale: sono i tempi d'oro delle fabbriche reatine, degli «stabilimenti».

Un vociare di persone le chiama fuori. «In piazza San Felice c'è Lucio», si dice. È il periodo del sodalizio con Mogol, dalle radio riecheggia «29 settembre» - «seduto in quel caffè io non pensavo a te» - il Cantagiro con «Balla Linda», la consacrazione nazionalpopolare del Festival di Sanremo. Il settimanale «Sorrisi e Canzoni Tv» volle dedicare un numero alla stella nascente della musica italiana e, come location, aveva scelto il suo paese natale. «Insieme ad altri amici lo seguimmo tutto il giorno. Si muoveva e discuteva con noi, non eravamo il divo e i suoi fans, ma solo un gruppo di ragazzi poiani», afferma Amina, la sorella maggiore. Lucio domandava a tutti cosa facessero, «a chi fossero figli», come s'usa dire in gergo paesano.

Ne esce il ritratto di un ragazzo semplice e sorridente, identico a quello che si rintanava nella cantina con i salumi appesi suonando la chitarra come gli aveva insegnato Silvio, l'elettricista. Timido ed affettuoso, nient'affatto burbero come spesso lo descrivono, «ci salutò tutti». Le dediche personalizzate le fece sul blocchetto a quadretti preso in prestito dall'emporio del paese, quello per segnare i conti sospesi.

Solo un paio d'anni dopo, Poggio Bustone rivide Lucio sopra un palco, nell'unico concerto che tenne in paese, con i Formula 3. Fu memorabile. File di automobili per chilometri, servizio d'ordine in tilt, folla assemblata ovunque, sulle scale, sui tetti. Nessuno, forse neppure Lucio stesso, si aspettava qualcosa di simile. Era il delirio, ma «fu bellissimo, cantammo insieme le sue canzoni, concesse tutti i bis, non si risparmiò».

Negli anni a seguire un'escalation di successi, il ritiro dalle scene, il trasferimento al Nord e le visite sempre più diradate, spesso notturne, in paese. Un paese che rimase letteralmente scioccato dalla notizia della sua morte, il 9 settembre 1998: «Eravamo impietriti, lo credevamo quasi immortale». Agnese era in vacanza a Praga: «Ero triste ma fui fiera che la sua fama arrivasse fin lì, tanto che diedero la notizia al telegiornale».

Un velo di rammarico si posa sugli occhi delle sorelle Desideri, al racconto della sofferenza che avvolse tutti. È un popolo «di pancia» quello di Poggio Bustone, di quelli che si adoperano per festeggiare i matrimoni con tutti i crismi, e si raccolgono in massa intorno ai parenti nei momenti di lutto. Il dolore fu doppio quando una delegazione, sindaco e parenti in capo, fu allontanata dalle esequie di Molteno, in Brianza.

«Avremmo voluto onorarlo al meglio, ricordarlo con il nostro calore, perpetuarne la memoria».
Per rispettare il volere della vedova, poco è stato fatto per celebrare il cantautore, a parte un monumento bronzeo nei «Giardini di Marzo» e alcune sporadiche iniziative. Una di queste, circa quindici anni fa, fu l'esposizione delle fotografie di alcuni collezionisti, nella sala municipale. Agnese e Amina ci andarono quasi per caso. Fu un colpo quando si riconobbero incredule in un paio delle foto esposte, scattate a loro insaputa dal fotografo che seguiva Lucio. La memoria indietro di oltre trent'anni, un istante per mettere a fuoco: un ragazzo riccioluto col dolcevita giallo, due sorelle ventenni con la gonna a quadretti sullo sfondo di una giornata che - prima - era sembrata uggiosa: sì, erano proprio loro, «i ragazzi di Poggio Bustone».
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