Roma, rivolta dei residenti contro il centro di accoglienza Tiburtino III: un ferito

Roma, rivolta dei residenti contro il centro di accoglienza Tiburtino III: un ferito
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Mercoledì 30 Agosto 2017, 10:49 - Ultimo aggiornamento: 31 Agosto, 20:18

Protesta di un gruppo di residenti del Tiburtino III che la scorsa notte ha assediato il centro di accoglienza per migranti della Croce Rossa di via del Frantoio. Sul posto, intorno alle 00,30, sono intervenuti polizia e carabinieri ma la maggior parte delle persone si erano già disperse. Da una prima ricostruzione, tutto è nato da una lite in strada tra un eritreo di 40 anni e alcuni ragazzini. L'eritreo da fine luglio non era più ospite della struttura, ma, fa sapere la Croce Rossa, «è attualmente inserito nel programma di relocation ospite del CAS Staderini». L'eritreo viene descritto da alcuni residenti come «persona un po' svitata ma non aggressiva».
Il centro di via del Frantoio è una struttura nata nel 2015 gestita dalla Croce Rossa in collaborazione con il ministero dell'Interno, la Questura e il Comune di Roma. 

Tutto sarebbe cominciato intorno alle 22.30, quando un cittadino l'eritreo  ha lanciato dei sassi - senza colpirli - contro dei bambini che giocavano nei pressi del centro. Uno dei ragazzini avrebbe riferito i fatti alla madre e quest'ultima si sarebbe quindi recata presso il centro per affrontare il responsabile del lancio di sassi. Ne è scaturito un parapiglia, con la donna circondata da alcuni migranti e impossibilitata ad uscire dalla struttura. In suo soccorso sono arrivate numerose persone, amici e parenti della donna, che avrebbero affrontato i migranti. Al termine degli scontri è rimasto ferito lo stesso cittadino eritreo (ferite da arma da taglio alla schiena) accusato di aver lanciato i sassi, colpito con un arma da taglio o con una bottiglia alla spalla, che è stato portato all'ospedale Pertini non in pericolo di vita. 

LA RICOSTRUZIONE DEI CARABINIERI - Secondo la ricostruzione dei carabinieri, che confermano che l'eritreo non era ospite del centro della Croce Rossa, la zuffa è avvenuta davanti l'ingresso del presidio umanitario della Croce Rossa. I militari non parlano di
«sequestro della donna», ma di «una zuffa». In strada ci sarebbero state un centinaio di persone tra migranti e cittadini del quartiere. Anche la Croce Rossa specifica: «Non ci sono state persone "sequestrate"». 

LA DONNA - «Mi hanno sequestrata per un'ora insieme a mio nipote di 12 anni, trascinata all'interno del centro per due volte e colpita. Ho avuto paura, pensavo di morire». A parlare è Pamela, la donna che la scorsa notte è andata nel centro di accoglienza di via del Frantoio, poi assediato dai residenti. «Loro erano in tanti, una cinquantina - aggiunge - mi sono coperta il volto e speravo che non facessero nulla di male al bambino».

L'ERITREO PRESO IN GIRO - C'è chi ricoscruisce così l'accaduto: l'eritreo ha lanciato un sasso, senza colpirli, verso alcuni bambini di circa 10 anni che giocavano in strada e che lo stavano prendendo in giro per la sua mania di raccogliere le cicche di sigaretta. Uno dei bambini avrebbe poi raccontato quanto accaduto alla madre, una donna con problemi di alcol e droga che immediatamente, addirittura scalza, si sarebbe lanciata alla ricerca del migrante eritreo nei vari centri di accoglienza presenti in zona.

IL CAOS - Durante le ricerche, la donna avrebbe fatto «proseliti» tra alcuni residenti del quartiere incontrati per strada, arrivando poi al centro di via del Frantoio dove si trovava il 40enne eritreo. Qui gli ospiti del centro, temendo che fosse in atto una «spedizione punitiva» nei loro confronti, si radunano per difendersi. Nel parapiglia che ne è seguito, il migrante eritreo è uscito con una ferita alla spalla, una specie di «puncicata», come quelle diventate tristemente famose fuori dallo stadio Olimpico negli scontri tra tifosi. Le forze dell'ordine, attraverso testimonianze, stanno cercando di risalire al responsabile del ferimento, mentre il 40enne eritreo è stato portato all'ospedale Pertini.

UN ALTRO TESTIMONE - 
«Sono stato accerchiato da 40 persone mentre cercavo di liberare quella donna. Erano armati di bastoni e bottiglie. Ho rischiato di prendermi qualche coltellata». Lo ha raccontarlo Yari un abitante di Tiburtino III. «Mi hanno aggredito con tubi, con bastoni e anche un coltello - aggiunge - noi eravamo in 4 contro 200 e a mani nude».

CASAPOUND - «La bomba sociale che temevamo scoppiasse già due anni fa, sembra essere esplosa al Tiburtino Terzo». Così Mauro Antonini, responsabile Casapound del Lazio, commenta l'episodio. «Avevamo avvertito le istituzioni e le autorità che quel centro andava chiuso - aggiunge - sono ospitati più di quanti la struttura ne possa contenere, non sono rifugiati politici, bivaccano per strada dal mattino a notte fonda, degradando la parte della struttura adiacente alla scuola elementare del quartiere». «È evidente che in un quartiere periferico e abbandonato al suo destino dalle istituzioni, le presenze allogene creino malcontento tra i residenti - aggiunge - Solo chi specula sul business dell'accoglienza come associazioni e movimenti della sinistra romana poteva accusarci di razzismo e raccontare la favola della pacifica convivenza Alle favole noi preferiamo la realtà e la concretezza: gli abitanti di Tiburtino III vengono prima di chiunque altro».

LA CROCE ROSSA - 
«Quanto è accaduto questa notte al Tiburtino - fa sapere la Croce Rossa -  è sintomo di una situazione di tensione. Siamo preoccupati per la pacifica convivenza di tutti. Il fatto che circolino notizie varie e spesso infondate è il segnale che non si vuole stare alla realtà dei fatti. Una realtà è che la persona eritrea ferita non è ospite del Presidio Umanitario dalla fine di  luglio scorso ma è attualmente inserito nel programma di relocation ospite del CAS Staderini. Un altro dato di fatto è che non ci sono state persone "sequestrate" e che la tensione per fortuna non ha prodotto gravi conseguenze. Noi siamo disponibili a prendere tutti i provvedimenti necessari qualora si accertassero fatti diversi, ma al momento possiamo confermare che dal Presidio non è partita alcuna forma di aggressione. Siamo disponibili come sempre nei confronti della popolazione residente e auspichiamo che lo siano anche le Istituzioni del territorio. Da subito ieri sera ci siamo messi in contatto con le Forze dell'Ordine e attendiamo la conclusione delle indagini».    
LA MAGISTRATURA - La procura di Roma ha aperto un fascicolo sull'accaduto. Il pm Alberto Galanti procede per tentato omicidio ed è in attesa di un'informativa della polizia sui fatti sfociati nell'accoltellamento dell'eritreo. Nel frattempo ha nominato un interprete che possa consentire al ferito di riferire su quanto accaduto nel centro di accoglienza.


IL PRESIDIO DI VIA DEL FRANTOIO - Si occupa dell'accoglienza dei migranti che entreranno nelle quote di relocation stabilite dalle Ue. In più di 200 sono partiti per paesi europei dopo essere stati trasferiti principalmente nel Cara di Castelnuovo di Porto dove l’attesa può arrivare fino a 4 mesi.
Si occupa di ricollocamento, ossia di invio dei richiedenti asilo negli altri paesi europei in collaborazione con il ministero dell'Interno e l'Unione Europea. E' nato durante l'emergenza di via Cupa (Verano) nel settembre del 2015: durante l'estate centinaia di migranti si erano ammassati su via Cupa (dove c'era il centro Baobab poi chiuso). Alla fine si decise di creare una tendopoli della Croce Rossa nel parcheggio della stazione Tiburtina, lato Pietralata. A settembre i migranti vennero trasferiti nella struttura di via del Frantoio. 

CASAPOUND E ANPI - Il presidio umanitario è stato già al centro di proteste da parte dell'organizzazione di estrema destra Casapound. A fine giugno, nel quartiere Tiburtino Terzo, si sono svolte, a poche centinaia di metri di distanza, due manifestazioni contrapposte. Da una parte Casapound per chiedere la chiusura del centro di accoglienza di via del Frantoio, che in questi mesi ha anche ospitato molti migranti assistiti dai volontari di Baobab costretti a stare in strada, e dall'altra Rifondazione comunista e Anpi che chiedono che il centro possa continuare ad operare.

Secondo Casapound, «la struttura è vicina ad un asilo ed è stata dichiarata illegale».
 

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